Come già raccontato da Blasting News, l’ex sottosegretario del governo Renzi e attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento dalla procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta Consip (ecco tutti i particolari) avviata dai colleghi napoletani. Un’indagine che sta facendo tremare i piani alti del renzismo se è vero, come è vero, che Lotti ha preteso di essere ascoltato dal pm Mario Palazzi il 27 dicembre scorso.

Non per un vero interrogatorio, ma per ‘dichiarazioni spontanee’. Ed è proprio il contenuto di queste dichiarazioni, raccolte in un verbale non segretato da piazzale Clodio, che il Fatto Quotidiano riesce oggi a pubblicare. Il Lotti ricostruisce il suo rapporto con la ‘gola profonda’ Filippo Vannoni e comunica agli inquirenti che l’amico del Giglio Magico gli avrebbe confessato di aver mentito sul suo conto. Il ministro racconta di aver perso le staffe (“gli avrei dato una testata”), non scioglie però il nodo sul perché Vannoni abbia detto una bugia così grave sul suo conto.

La versione di Lotti ai pm

Tutto comincia nel 2008, anno in cui i due protagonisti di questa storia fanno conoscenza. Ma i fatti che riguardano l’inchiesta ruotano tutti, nel racconto di Lotti, intorno alla data del 21 dicembre 2016. Racconta il braccio destro di Renzi che, quel giorno, per puro caso avrebbe incontrato l’amico Vannoni alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella. I due, poi, avrebbero preso lo stesso treno: Lotti con destinazione Roma e Vannoni (ma questo l’amico come vedremo lo scoprirà solo in serata) diretto a Napoli perché convocato dal pm Herry John Woodcock. Nel capoluogo partenopeo, interrogato come persona informata sui fatti (quindi con l’obbligo di dire la verità), Vannoni conferma che anche il fraterno amico Lotti - oltre al comandante dei Carabinieri Tullio Del Sette e al comandante dei CC della Toscana Emanuele Saltalamacchia - ha spifferato all’ad di Consip Luigi Marroni (altro renziano di ferro) l’esistenza di cimici nei propri uffici.

Fino a qui la versione lottiana potrebbe anche reggere, a parte l’episodio dell’incontro casuale alla stazione. Ma è il proseguio del racconto a fare acqua da tutte le parti. Vannoni, che dopo due ore di colloquio sarebbe già rientrato a Roma, secondo Lotti si reca da lui nel suo ufficio di Palazzo Chigi. “Stavo rientrando in ufficio - mette a verbale il ministro - ho trovato Vannoni, voleva parlarmi”. L’oggetto del concitato colloquio sarebbe stato il seguente: “Imbarazzato e con modi concitati, mi ha informato di essere stato sentito da Woodcock a Napoli e di avergli riferito di aver ricevuto da me informazioni riguardo l’esistenza di indagini su Consip, alle mie rimostranze circa la falsità di quanto affermato, lui ha ammesso di aver mentito e quando ho chiesto il perché si è scusato in modo imbarazzato, ottenendo una mia reazione stizzita, tanto da avergli detto ‘non ti do una testata per rispetto del luogo in quale siamo’, prima di congedarlo”.

In pratica, Lotti vorrebbe far credere agli inquirenti che il suo amico Vannoni non si sarebbe fatto sfuggire una parola quella mattina sul treno a Firenze, salvo poi precipitarsi a Roma per confessare il ‘tradimento’ e, soprattutto, la bugia rifilata a Woodcock e co. Il perché Vannoni abbia mentito facendolo mettere sotto indagine Lotti naturalmente non lo spiega. Una versione dei fatti che non sta in piedi. Uno dei due tra Lotti e Vannoni ha mentito. Perché? Forse una lotta interna al Giglio Magico?