La telefonata tra Trump e Abu Mazen potrebbe sancire l'inizio di un nuovo capitolo riguardo l'ormai annosa quanto insolvibile questione "Medio Oriente", ridimensionando al tempo stesso l'immagine di un neo-presidente incline all'utilizzo di mezzi persuasivi probabilmente piuttosto discutibili. Evitando di addentrarsi nei meandri di "un indagine psicologica del tycoon" tirando in ballo un ego soverchiante che sconfina nella polarizzazione ferrea del potere costituito, certo è che le dichiarazioni di pace sbandierate da Trump dopo le famose incursioni in Afghanistan e in Siria suonano come un soldo falso sul banco di un rigattiere, facendo pensare alla solita mossa mediatica per riacquistare l'umanità (probabilmente perduta) dopo gli sviluppi della situazione Nord Corea.
In primo piano l'incontro annunciato dallo staff di Trump con il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen, il quale non manca di commentare l'iniziativa e attraverso l'Asahi Shimbun si dichiara "disponibile a un trilaterale con Israele"
Fa testo l'incontro, qualche giorno fa, di Donald Trump con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. L'incontro tra i due, consumato in un atmosfera giudicata "piuttosto familiare", prefigura un panorama di intesa che sembra affossare definitivamente i vecchi dissapori tra Israele e la passata presidenza di Barack Obama, dando vita all'ipotesi di un percorso comune di alleanza tra Israele e la superpotenza Usa.
Dopo aver rassicurato lo storico alleato americano, Trump ha promesso che farà quanto in suo potere per evitare che l'Iran riesca ad ottenere la bomba atomica. Durante l'incontro con i giornalisti Trump accoglie il premier Netanyahu quasi con il tappeto rosso: " Ho il piacere di accogliere il mio amico, il premier Netanyahu, alla Casa Bianca. Con questa visita gli Stati Uniti ribadiscono il loro vincolo inscindibile con il nostro più caro alleato, Israele."
Poi la questione Israele Palestina, una situazione cristallizzata dagli accordi che sarà al centro dell'incontro con Abu Mazen prende la scena; i toni si fanno leggermente meno accomodanti da parte di Trump: "Per me va bene sia la soluzione con due Stati o quella con uno Stato, l'importante che le due parti siano d'accordo" asserisce, per poi sfoggiare la vecchia tempra belligerante e ricca di sottintesi:"Un accordo significa anche rinunciare a qualcosa, lo sai, no?" Il presidente Usa si riferiva all'espansione e gli insediamenti nei territori occupati, precisando in un secondo momento che desidererebbe che si fermassero.
Poi rientra ammorbidendo di nuovo i toni, dichiarando l'intenzione di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. "Mi piacerebbe. E' una cosa cui sto guardando con grande cura".
Netanyahu, ecco le condizioni
Forse per la prima volta il premier israeliano lascia intendere la possibilità concreta di una risoluzione. Dichiara infatti, nell'incontro con il presidente Donald Trump: "per la prima volta nella mia vita vedo un'opportunità nuova e concreta per raggiungere la pace". Nelle intenzioni del premier Israeliano Benjamin Netanyahu c'è la volontà di coinvolgere anche gli alleati Usa come Giordania, Egitto, Arabia Saudita nella regione, con l'obiettivo ultimo di "addomesticare i palestinesi e costruire anche un cordone di sicurezza contro l'Iran".
Tuttavia resterebbe da comprendere, a giochi fatti, cosa porterebbe tutto ciò ai palestinesi, poiché nella questione annosa degli "stati autonomi" sarebbe opportuno riflettere sui diritti religiosi e politici che potrebbero avere una volta privati dell'autonomia territoriale e culturale. Ma la risposta del premier è decisa e netta: "la Palestina deve riconoscere lo stato degli ebrei, ma per ora i pre-requisiti per arrivare a una pace sono stati negato alla Palestina. Questo è l'elemento del conflitto, ma questa condizione deve cambiare, voglio che cambi."
Il 3 maggio Abu Mazen in visita negli USA
Il presidente palestinese Abu Mazen dunque sarà ricevuto il 3 maggio. Lo riferisce il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, spiegando alla stampa che tra gli obiettivi del presidente Trump c'è appunto quello di risolvere finalmente la questione del Medio Oriente e raggiungere un accordo di pace tra Israele e Palestina.
"Il presidente userà la visita per riaffermare l'impegno tanto degli Stati Uniti quanto dell' Autorità nazionale palestinese a negoziare e in ultima analisi a raggiungere un accordo che ponga fine al conflitto tra israeliani e palestinesi". Lo speriamo tutti.