Una forte esplosione è avvenuta in un distretto di Diyarbakir, nel sudest della Turchia. Un forte boato è stato udito in diverse parti della città, “capitale” curda nel sudest del Paese, mentre una colonna di denso fumo nero si alza ancora a sovrastare il distretto di Baglar. In base a quanto riportato dalla tv turca Trt e dall’emittente Ntv, sembra che l’esplosione abbia ferito almeno 4 persone, di cui una è in condizioni gravi.
La dinamica
Sul posto sono arrivati immediatamente diverse auto della polizia e ambulanze. Al momento le cause dell’esplosione, che è stata udita anche a diversi chilometri dal luogo della deflagrazione, non sono chiare. Sembra accertato dopo le prime ricostruzioni sul luogo che l’esplosione, avvenuta intorno alle 10.45 locali (quindi 9.45 in Italia), sia stata registrata nelle vicinanze di una stazione di polizia che riunisce le unità antisommossa nel quartiere di Baglar, a Diyarbakir. Per effetto del violento scoppio sarebbero rimaste ferite 4 persone, ma non si parla ancora di vittime. Danneggiati gravemente edifici e infrastrutture nelle immediate vicinanze.
La situazione in Turchia
L’attentato di Diyarbakir giunge alla vigilia del referendum sul presidenzialismo di domenica prossima. La consultazione popolare è stata indetta grazie al raggiungimento dei 3/5 dei consensi dell'assemblea nazionale, con i voti dei nazionalisti del Mhp, formazione di estrema destra derivante dai Lupi Grigi di Ali Agca e terzo partito del Paese, che alle ultime consultazioni aveva ottenuto 40 seggi. Ieri sera si sono chiuse le urne per i turchi residenti all’estero: l’affluenza è stata da record con il 47% di votanti. Con la vittoria del “sì”, la Turchia potrebbe reintrodurre la pena di morte e tornare indietro nel suo percorso di annessione all’Unione Europea, ma i risultati del referendum dipendono da molti fattori, tra cui la martellante campagna di Erdogan e la repressione che spesso opera nel suo Paese.
Ma la vera sfida sarà quella di convincere gli indecisi, ago della bilancia in caso di un possibile testa a testa in un paese molto polarizzato e affaticato anche economicamente. Alle urne si andrà sotto lo stato d'emergenza, dichiarato dopo il fallito golpe, e con il conflitto con il Pkk sempre aperto nel sud-est curdo che dal suo inizio ha prodotto 40 mila vittime. Anche per questo, a vegliare sul voto sarà un esercito di 450mila tra forze di sicurezza, poliziotti, gendarmi e guardie locali.