Le due ragazze americane che mercoledì scorso hanno denunciato di essere state stuprate da due militari a Firenze non avrebbero stipulato un'assicurazione sullo stupro. Lo afferma il legale di una delle due giovani, Gabriele Zanobini, il quale fa sapere che la sua assistita è ancora molto provata per la violenza subita.
"Le due ragazze non hanno stipulato alcuna assicurazione specifica sulla violenza sessuale, ma la polizza è automatica per tutti gli studenti americani che vengono in Italia ed è di natura generica", afferma l'avvocato dell'americana.
Quella difussa potrebbe quindi essere una bufala creata ad hoc da alcuni giornali per screditare le presunte vittime. Sull'episodio appaiono, inoltre, nuove prove. Una delle due ragazze avrebbe fotografato e filmato uno dei due mentre abusavano la sua amica. Il video potrebbe essere una prova schiacciante che il rapporto non è stato consensuale. Questo perché la studentessa mentre veniva abusata gridava "bastard, bastard".
I due Carabinieri sono stati immediatamente sospesi per aver usato l'auto di servizio per fini diversi dal servizio che prestavano. Ora sono indagati per violenza sessuale, aggravata dal fatto che sono Carabinieri, che erano in servizio al momento del fatto e che le giovani erano in forte stato di ebbrezza, una non riusciva nemmeno a stare in piedi.
Alcuni abusi di potere delle forze dell'ordine
La vicenda richiama alla mente precedenti di presunto abuso di potere da parte delle forze dell'ordine. In breve alcuni fatti di cronaca tra quelli che hanno destato più scalpore.
- Caso Diaz. Qualche mese fa, la Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia per non aver leggi adeguate per punire i gravissimi fatti avvenuti nella scuola Diaz ai danni di 43 manifestanti durante il G8 a Genova nel 2001. Le vittime furono trattenute dalle forze dell'ordine senza un mandato di arresto e rese vittime di violenze disumane.
- Caso Aldrovandi. Il 27 settembre del 2005 Federico Aldrovandi, studente di 18 anni, viene fermato in stato di ebbrezza a Bologna da una pattuglia della polizia.
Nella vettura di servizio c'erano a bordo gli agenti Enzo Pontani e Luca Pollastri. Poco dopo ne arriva una seconda con gli agenti Monica Segatto e Paolo Forlani. I quattro picchiano a morte il ragazzo e sostengono durante la difesa che la vittima aveva assunto sostanze stupefacenti e cheaveva aggredito i poliziotti. Dopo un difficile iter giudiziario, i quattro agenti sono stati condannati nel 2009 a 3 anni e sei mesi per eccesso colposo di legittimo uso delle armi.
- Caso Cucchi. il 15 ottobre del 2009 morì in circostanze violente Stefano Cucchi, un trentenne romano con problemi di droga. Il giovane fu fermato in possesso di una quantità di sostanze stupefacenti non consentita dalla legge (21 grammi).
Quando lo videro in aula durante il processo, il ragazzo presentava segni di evidenti percosse. Dopo l'udienza viene visitato per gravissime lesioni da percosse ma Stefano rifiuta il ricovero e verrà trasportato a Regina Coeli dove le sue condizioni peggiorarono fino alla morte. Dopo la morte del giovane furono indagati medici e agenti della penitenziaria.
- Caso Uva. Nel 2016 la corte di Assiste assolve 4 poliziotti e 6 carabinieri indagati per aver picchiato a morte Giuseppe Uva la notte del 14 giugno del 2008. Giuseppe quando fu fermato in stato di ebbrezza assieme all'amico Alberto Biggiogero, mentre compivano atti vandalici. Proprio l'amico fornirà testimonianze su quello che stava accadendo quella notte a Uva.
L'uomo affermò che in caserma lo stavano massacrando e stuprando e che un carabiniere affermò "Uva proprio te cercavo, te la farò pagare". Inutili i tentativi di chiamare i soccorsi.
- Caso Magherini. Qualcuno nellla notte tra il 2 e il 3 marzo del 2014 chiamò i carabinieri, vedendo che Riccardo Magherini, ex calciatore di 40 anni, stava dando in escandescenze dopo aver assunto sostanze stupefacenti. L'uomo morì quella sera durante le suppliche e richieste di soccorso, come confermarono le immagini riprese da un telefonino. Alcuni testimoni riferirono di aver visto i militari prendere a calci la vittima durante le fasi di arresto. L'uomo morì per asfissia da posizione e per le percosse subite. Dopo vari depistaggi, i tre militari, il 13 luglio del 2016, furono condannati a 8 anni e sette mesi.