Alla sofferenza, che non è andata via e mai potrà essere cancellata, ora si è aggiunta la paura. Paola Pellinghelli, 54 anni, è la mamma del piccolo Tommy che nel 2006 quando aveva appena 17 mesi fu rapito e barbaramente ucciso a calci, pugni e colpi di badile a Parma dal muratore Mario Alessi con la complicità della sua compagna Antonella Conserva e di un amico, Salvatore Raimon­di.

Un delitto abominevole che sconvolse l'Italia intera, rimasta per un mese con il fiato sospeso nella speranza che il bambino fosse vivo. La mamma di Tommy teme che Alessi, presto possa uscire dal carcere di Prato in cui sconta l'ergastolo, usufruendo di un permesso. Trascorsi i 10 anni di carcerazione, tecnicamente è infatti possibile chiedere un permesso-premio che consente al detenuto di uscire dal carcere, di giorno, per lavorare. Per questo la mamma di Tommy si rivolge ai giudici: "Non fate uscire dal carcere l'assassino di mio figlio".

'Dopo soli 11 anni questa è la giustizia'

Lo sfogo appello la mamma di Tommy l'ha fatto ai microfoni di "NewsMediaset": "c'è chi comincia il reinserimento, chi usufruisce di permessi premio, e questa dopo soli 11 anni è la giustizia".

Per Paola Pellinghelli, è inconcepibile che a Mario Alessi, condannato all'ergastolo, e già condannato per rapina e violenza sessuale nel 2003, venga accordato un permesso e possa accedere a lavori esterni. Che i tre implicati nel delitto di suo figlio, si rimpallino vigliaccamente le responsabilità, a questo punto alla donna poco importa: "i delinquenti sono loro tre e devono pagare tutti e tre". La compagna di Alessi, Antonella Conserva, sta scontando 24 anni, l'ex pugile Salvatore Raimon­di, grazie al rito abbreviato, 20. Lei che è rimasta da sola con la'tro figlio, Sebastiano, oggi 20enne, a lottare perché la giustizia non uccida due volte Tommy, si commuove pensando alla vita che gli è stata negata.

Oggi farebbe le medie, forse a quest'ora avrebbe avuto la prima cotta e sarebbero sbocciate tante passioni adolescenziali. Ma questo orizzonte di vita gli è stato tolto. Nella casa dove tutto è rimasto fermo a 11 anni fa, la mamma di Tommy, vedova dal 2014, commenta con amarezza un destino al contrario: "La pena a vita ce l'abbiamo noi, l'ergastolo anche". Suo figlio non lo riavrà più. Ora spera che i giudici tengano conto di tutta questa storia: "di questo mostro, le sue bugie ignobili, la sua precedente condanna per stupro nel 2003, la sua perseveranza a mentire, visto che ancora oggi non si è capito chi, fra loro tre, abbia materialmente ucciso mio figlio".

Una storia feroce

Questa è una storia feroce e una tragedia familiare.

Tommaso Onofri, era un bambino riccio dagli occhioni azzurri, soffriva di epilessia e doveva prendere le sue medicine. Fu rapito nella cascina di famiglia nella frazione di Casalbaroncolo, alle porte di Parma, la sera del 2 marzo 2006. Dopo un mese di angoscia e trepidazione, in cui tra l'altro accuse e sospetti infamanti erano ricaduti sul suo povero papà, il piccolo fu trovato sepolto lungo l'argine del fiume Enza, a circa due chilometri di distanza da casa. Era stato ucciso dai suoi sequestratori la sera stessa del rapimento, perché il pianto del bambino li aveva mandati nel pallone. Ma questo si seppe dopo. Seguì la confessione di Alessi, emersero la rete di squallide complicità e il piano criminale.

A rapirlo era stato quel muratore violento e stupratore (ma all'epoca la famiglia lo ignorava) che aveva eseguito le ristrutturazioni in casa Onofri con l'intento di chiedere un riscatto. Davvero un piano anomalo perché gli Onofri non erano ricchi. Poi il processo, le udienze nei tribunali con gli assassini, il dolore infinito: al punto che il papà di Tommy si è ammalato fino a morire.