E' del Washington Post la notizia che il Pentagono ha svelato la nuova politica USA sulle armi nucleari, rendendo concreta la promessa fatta da Donald Trump, prima di essere eletto, di espandere e rafforzare le capacità nucleari degli Stati Uniti. Si chiude definitivamente così l'era Obama e si vanificano tutti gli sforzi fatti per ridurre le dimensioni e la portata dell'arsenale statunitense e minimizzare il ruolo delle armi nucleari nel programma di difesa degli USA.

La politica della precedente amministrazione era conseguenza di ciò che il presidente Barack Obama ha definito un obbligo morale per gli Stati Uniti, cioè dare l'esempio nel liberare il mondo dalle armi nucleari. Funzionari dell'amministrazione Donald Trump e dell'esercito americano sostengono ora che l'approccio di Obama si è rivelato eccessivamente idealistico, in particolare quando le relazioni con Mosca e non solo si sono inasprite.

La Russia, la Cina e la Corea del Nord, ribadiscono i fedelissimi del Presidente Trump, hanno tutte ingrandito il loro arsenale nucleare, invece di seguire l'esempio degli USA fortemente voluto dall'amministrazione Obama di procedere verso il disarmo nucleare.

Negli ultimi dieci anni, mentre gli Stati Uniti hanno ridotto la loro potenza nucleare, ognuno dei potenziali avversari ha perseguito la strategia esattamente opposta, ha detto il Segretario all'Energia Dan Brouillette in una conferenza stampa al Pentagono, spiegando perché gli Stati Uniti stanno cambiando rotta.

Questi Paesi, ha affermato Brouillette, si sono rafforzati militarmente e stanno aumentando il numero e il tipo di armi nucleari nel loro arsenale, mentre gli USA stavano andando in direzione totalmente opposta secondo le direttive del governo Obama; questo fino alla salita al potere di Trump.

Il presidente Trump aveva promesso durante il suo discorso sullo Stato dell'Unione di voler costruire un arsenale nucleare "così forte e potente da scoraggiare qualsiasi atto di aggressione" e ora vuole mantenere l'impegno preso con gli americani.

Le minacce sono radicalmente cambiate dall'ultima volta che il Pentagono ha aggiornato la sua politica sulle armi nucleari perché la Russia ora sta riemergendo come nemico agguerrito, pronta a fronteggiare la potenza nucleare USA e a questa si sono aggiunte Cina, Corea del Nord e Iran.

La Corea del Nord, nel frattempo, è vicina ad avere nel suo arsenale un missile in grado di colpire gli Stati Uniti con una testata nucleare, riportando la prospettiva della guerra nucleare alla ribalta dell'opinione pubblica americana per la prima volta dalla Guerra Fredda.

La volubilità di Trump ha scatenato grandi preoccupazioni tra gli americani in merito alla facoltà esclusiva del presidente americano di poter far partire un attacco nucleare e alla recenti minacce del Tycoon alla Corea del Nord, nella guerra di nervi contro Kim Jong-un.

Il suo avvertimento la scorsa estate che avrebbe scatenato "fuoco e furia come il mondo non ha mai visto" sulla Corea del Nord rappresenta una preoccupante minaccia pubblica da parte del presidente degli Stati Uniti di usare armi nucleari.

Un arsenale nucleare da 1,2 trilioni di dollari

La nuova politica prevede l'introduzione di "bombe a bassa resa" sui missili balistici lanciati da sottomarini, che nonostante siano definite "a basso rendimento", potrebbero causare un danno pari a quello dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki in Giappone.

La nuova politica del Pentagono illustra anche piani a lungo termine per reintrodurre un missile da crociera lanciato da un sottomarino nucleare chiamato SLCM (o "slick-em"), che l'amministrazione del presidente George H.W.

Bush aveva smesso di schierare e l'amministrazione Obama aveva ordinato di eliminare dall'arsenale.

I funzionari sono convinti che il SLCM rassicurerebbe il Giappone e la Corea del Sud di fronte alle minacce provenienti dalla Corea del Nord e metterebbe sotto pressione la Russia in modo che smetta di violare il trattato sulle forze nucleari a medio raggio.

Diversamente dall'arma a basso rendimento, che il Pentagono progetta di sviluppare in tempi brevissimi, l'utilizzo del sottomarino nucleare SLCM sembrerebbe essere ancora una ipotesi lontana.

Il Pentagono ha comunque confermato il suo impegno per la modernizzazione dell'arsenale militare statunitense che Obama ha approvato nel 2010 in cambio della ratifica da parte del Senato del nuovo Trattato per la riduzione delle armi strategiche, o Nuovo START.

Il piano, che costerà secondo le stime del Congressional Budget Office circa 1,2 trilioni di dollari in 30 anni, prevede l'introduzione di nuovi bombardieri, sottomarini e missili balistici intercontinentali, oltre al nuovo missile da crociera per il bombardiere SLCM.

La nuova Guerra Fredda

Dopo una bozza della nuova politica trapelata a metà gennaio, i sostenitori del disarmo hanno protestato contro l'amministrazione Trump per impedire l'introduzione di ciò che hanno descritto come nuove armi nucleari non necessarie che potrebbero dare di nuovo il via alla corsa agli armamenti e aumentare la probabilità di una guerra nucleare.

Nonostante le rassicurazioni del Pentagono che si dichiara pronto a utilizzare le armi nucleari solo in "circostanze estreme", il ritorno alla "guerra fredda" con la Russia e le minacce provenienti dalla Cina, dalla Corea del Nord e dall'Iran rendono il clima pericolosamente incerto e cancellano definitivamente l'ipotesi di un possibile disarmo.

E' chiaro il messaggio lanciato al mondo: questa amministrazione non é interessata a guidare gli sforzi globali per ridurre le minacce nucleari, dice con rammarico Alex Bell, un funzionario dell'amministrazione Obama del Centro per il controllo degli armamenti e la non proliferazione.

Il fatto che Trump si vanti di un arsenale nucleare statunitense in espansione, afferma, potrebbe scatenare una nuova corsa agli armamenti nucleari che stavolta vedrebbe coinvolti non solo l'antagonista storico, la Russia, ma anche nuovi pericolosi nemici pronti a mostrare i muscoli agli USA.