I tre italiani scomparsi in Messico il 31 gennaio scorso sarebbero stati venduti ad una banda criminale per 43 euro. I "mercanti", quattro poliziotti di Tecalitlan, hanno confessato la loro colpa senza però rivelare il nome dell'organizzazione criminale alla quale i tre napoletani sarebbero stati ceduti. I quattro agenti, tre uomini e una donna, sono ora in carcere.

Tre italiani venduti ad una banda criminale per 43 euro

Ancora mistero riguardo la scomparsa dei tre venditori ambulanti, Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino che per motivi di lavoro si trovavano a Jalisco, in Messico. La loro scomparsa era stata riferita da un'altro figlio di Russo, Daniele, anch'esso in Messico per lavoro insieme ad altri quattro italiani. Le loro ultime traccie si sono perse in una stazione di servizio, da cui erano stati "prelevati" da quattro poliziotti locali, arresto confermato dai messaggi che Antonio è riuscito a inviare al fratello Daniele, poi più nulla, silenzio, sino a quando i quattro agenti, tre uomini e una donna, dopo essere stati fermati hanno ammesso la "consegna" dei tre uomini ad una banda criminale.

Jalisco è molto nota per le sparizioni improvvise legate ai sequestri che alcune bande criminali compiono in cambio di denaro e droga. La famiglia dei tre napoletani afferma che marito, figlio e nipote sarebbero stati venduti dai poliziotti per la cifra di "43 euro", ossia per la mafia il valore di una vita si aggirerebbe intorno ai 14 euro. La Farnesina che si è occupata subito del caso, è in continuo e stretto contatto con le autorità messicane, ma per il momento non si hanno altre notizie.

Sono persone, non merce di scambio: "Devono tornare a casa"

La Procura locale sta puntando le indagini su un'organizzazione chiamata Jalisco Nueva Generacion, con cui forse i tre italiani scomparsi avrebbero avuto un contatto.

Secondo gli agenti locali, Raffaele Russo, avrebbe usato un altro nome, Carlos Lopez, per usufruire degli hotel, e sempre da fonti messicane riportate da alcuni media, Russo aveva precedenti di frode in Italia, vendeva generatori elettrici cinesi spacciandoli per tedeschi, nonché era stato arrestato nel 2015 nello stato di Campeche per corruzione e nel 2017 i suoi giri si erano spostati nello stato di Michoacan. La famiglia dichiara che tutti gli affari attribuiti al loro caro siano bugie: "non è un delinquente ma un semplice venditore ambulante che si è recato in Messico per lavorare, e a prescindere da questo, è una persona umana e insieme agli altri deve tornare a casa".