Napoli. Antonio Esposito, boss camorrista, assassino e trafficante di droga, ha ricevuto 290.000 euro dallo Stato italiano per un'ingiusta detenzione che, stando ad una serie di recenti accuse, potrebbe essere, in realtà, "giusta". Non è uno scherzo: il pregiudicato non potrà essere processato nuovamente e non dovrà nemmeno restituire il denaro.

La vicenda

Nel 2005 Esposito è stato arrestato per aver ucciso Meta Sejmir, un ragazzo albanese, al culmine di una banale lite di fronte a delle slot machine di un bar.

Il camorrista gli ha sparato alla nuca senza pietà. Condannato a 28 anni di carcere in primo grado, è stato però assolto in appello per la ritrattazione di alcuni testimoni che l'hanno scagionato.

La sentenza di assoluzione è stata confermata dalla Cassazione e, di conseguenza, è passata in giudicato: Antonio Esposito è stato così risarcito per i 4 anni scontati in prigione con 290.000 euro. Oggi le testimonianze di alcuni pentiti avrebbero fornito ulteriori elementi che comproverebbero la colpevolezza del boss e che avrebbero potuto ribaltare nuovamente la sentenza, ma ciò sicuramente non potrà avvenire perché, siccome l'uomo è stato assolto definitivamente, il procedimento giudiziario nei suoi confronti non potrà essere riaperto.

Dunque, se le accuse dei pentiti dovessero rivelarsi veritiere, quel povero ragazzo, colpevole solo di aver discusso con la persona sbagliata, non potrà avere giustizia. Ad ogni modo, il suo presunto assassino non è a piede libero. Oggi, infatti, si trova in carcere per un altro omicidio, quello di uno spacciatore italiano che voleva abbandonare il clan per lavorare da solo, smettendo così di versare al boss una parte dei guadagni. Inoltre è accusato anche di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, con l'aggravante del metodo mafioso. Se la giustizia non sbaglierà nuovamente, non dovrebbe più uscire di prigione.

Perché non si può processare due volte?

Nel diritto penale esiste un principio chiamato "ne bis in idem" (dal latino: non due volte per la stessa cosa), che vieta di processare per due volte un imputato per il medesimo reato.

Dunque, se già si è stati assolti per un determinato reato, non è possibile essere sottoposti ad un nuovo processo per stessa vicenda. In Italia, questo principio è contenuto nell'art. 649 del codice di procedura penale.

Questa norma serve a tutelare il cittadino: in caso contrario, la polizia potrebbe continuare ad arrestare un innocente, e la Procura potrebbe portarlo a processo all'infinito, nonostante sia già stato assolto. In questo caso, purtroppo, la suddetta norma avrebbe protetto un camorrista e un presunto assassino, e sicuramente non si potrà fare nulla per riaprire il processo o per la restituzione del denaro che lo Stato gli ha versato (oltre al danno, la beffa, si potrebbe dire): infatti anche gli effetti civili della sentenza, secondo l'opinione prevalente, non possono essere modificati.