E' iniziato tutto a Santiago, capitale del Cile, nella seconda metà di aprile, quando alcune studentesse hanno avviato una protesta in cui oltre 150.000 ragazze hanno marciato pubblicamente per dire basta contro molestie e abusi sessuali. Sostenute dal movimento #Metoo e dal clima internazionale risvegliato dalla coscienza di svelare quel sommerso di azioni “non gradite”, ma perpetrate quotidianamente ed in qualunque ambiente, le protagoniste della marcia hanno esteso la protesta attuando scioperi e occupazioni degli atenei.
Le cause
A scatenare l'imponente reazione è stato lo scarso rigore attuato nel recente caso di molestie e abusi che hanno coinvolto Carlos Carmona, ex presidente della Corte Costituzionale e professore di Diritto amministrativo, accusato dalla sua assistente, una studentessa del quinto anno alla Facoltà di Giurisprudenza. Per il docente la giustizia ha previsto una sanzione di soli tre mesi e non per abusi sessuali, ma per “violazione della correttezza amministrativa”.
Gli effetti
L'effetto è stato pressoché immediato, tra mobilitazioni per ottenere maggiori riforme interne, richieste di introduzione di sanzioni attraverso protocolli interni e attivazione di servizi di assistenza psicologica per le donne.
Abusi e maschilismo imperante, espressi da alcuni docenti alle studentesse con frasi esplicite riferite all'essere in età di “trovare marito” e non certo di studiare, se non per essere “mogli migliori”.
A distanza di circa un mese, la rivolta non ha fatto che raggiungere numeri sempre maggiori: ventidue le università occupate, così come i licei in tutto il paese, insieme contro la condizione patriarcale che lascia le donne indietro rispetto agli uomini, insieme per la parità nei salari, insieme non solo nell'ambito studentesco, considerato che la protesta è stata appoggiata dal 70 per cento della popolazione cilena. Una rivolta nata come frangia di #Metoo ed ora divenuta un vero e proprio movimento indipendente che promette di rivedere l'intera organizzazione sociale del Paese, chiedendo eguali diritti nella sanità pubblica come per l'accesso ai nido aziendali: il culmine si è raggiunto con lo sciopero generale del 6 giugno, indetto per dire basta contro una mentalità diffusa, radicata e praticata abitualmente che vede la condizione maschile in netta prevaricazione su quella femminile, affiorata nell'ambito studentesco ed ora estesa all'intero tessuto sociale cileno.