Si stringe il cerchio intorno a Marco Mottola, al padre – il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce – e alla madre Annamaria, indagati per omicidio volontario e occultamento di cadavere per il delitto di Serena Mollicone. Le perizie contenute nell’informativa preparata dai carabinieri del comando provinciale di Frosinone, insieme ai colleghi del Ris, per la pm Beatrice Siravo ed il procuratore di Cassino Luciano d’Emmanuele, chiariscono finalmente cosa è accaduto l’1 giugno del 2001.
La ragazza è stata aggredita, percossa e spinta con violenza contro una porta dell’appartamento a disposizione della famiglia del comandante. Tramortita per una frattura alla tempia, è stata dapprima tenuta nascosta e poi trasportata in un boschetto distante circa otto chilometri da Arce, legata, imbavagliata e lasciata morire.
Le nuove analisi che hanno portato alla svolta nelle indagini
Il corpo della giovane è stato ritrovato ormai privo di vita due giorni dopo l'aggressione in caserma, in cui si era recata – secondo la ricostruzione degli inquirenti – per denunciare un traffico di droga in paese, che coinvolgeva anche Marco Mottola.
Si è giunti a queste conclusioni grazie all’esame di 100 micro tracce con microscopi di ultima generazione. Gli esperti hanno studiato persino il Dna vegetale, estratto da schegge di legno o residui di foglie, e compiuto diverse comparazioni scientifiche tra i reperti per trovare una coerenza dei materiali.
Inoltre i carabinieri hanno ascoltato decine di testimoni, anche all’estero: così i periti hanno potuto ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, utilizzando tutte queste analisi sui frammenti della porta, sui resti di vernice nel cortile della caserma e sulle tracce di piante trovate sul corpo della vittima.
Indagati anche altri due carabinieri
Quindi, dopo 18 anni di errori, depistaggi e prove sparite, le indagini sono vicine a chiudersi, coinvolgendo anche altri due carabinieri.
Francesco Suprano dovrà rispondere di favoreggiamento: avrebbe finto un incidente stradale, pur di nascondere di essere stato in caserma durante l’aggressione. Un altro sottufficiale, Vincenzo Quatrale, è invece accusato di concorso in omicidio e istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, che si è tolto la vita nel 2008, il giorno prima di essere ascoltato dagli inquirenti.
Quest'ultimo era un testimone chiave, avendo riferito ai colleghi di aver visto entrare Serena Mollicone in caserma e segnato il suo nome sul registro di ingresso; ma, secondo il suo racconto, la ragazza non ne era mai uscita ed in seguito era stata cancellata ogni traccia della visita anche da quel documento. Quatrale, che nel frattempo era stato trasferito in Procura, avrebbe favorito le pressioni sul suicida, raccontando in giro gli sviluppi dell’inchiesta.
La reazione del padre di Serena Mollicone
Dopo anni di attesa Guglielmo Mollicone, il padre della vittima – supportato nella sua battaglia legale dall’avvocato Dario De Santis e dall’ex comandante dei Ris Luciano Garofano – vede sempre più vicina la verità. “Mia figlia poteva essere salvata e invece si decise di lasciarla morire – dichiara al Corriere della Sera – come per Stefano Cucchi, hanno voluto nascondere tutto, perché altri in caserma avevano sentito quello che accadeva, ma nel mio caso l’Arma si è riscattata con nuove indagini”. Ora chiede che i responsabili, ancora a piede libero, vengano arrestati al più presto.