Il delitto di Donato Carbone, ex imprenditore 63enne di origini tarantine, era stato pianificato in ogni dettaglio. Tranne uno: il cancello elettrico del condominio della vittima a Cernusco sul Naviglio che si è chiuso, intrappolando l’assassino all’interno, subito dopo l’agguato nel corridoio dei box sotterranei. Così il killer si è trovato davanti una donna che lo ha guardato negli occhi.
La testimone ha raccontato di come mercoledì pomeriggio alle 18.44 abbia fatto questo spaventoso incontro nel vialetto che conduce alle rimesse per le vetture del palazzo. “Chi è lei?” ha chiesto subito la vicina di casa di Carbone. L’uomo misterioso si è nascosto il volto con una mano, coperta da un guanto nero, e le ha intimato di aprire il cancello. “Ho ubbidito, lui è corso via ed è salito su un’automobile – ha raccontato la signora al Corriere della Sera – si trattava di un’utilitaria di colore scuro; sono riuscita anche a segnarmi il numero di targa”.
Le indagini per individuare il movente del delitto
I carabinieri hanno ritrovato questa vettura completamente integra alcune ore dopo a Cologno Monzese: con ogni probabilità chi ha compiuto il delitto ha cambiato macchina. Naturalmente sono in corso le analisi sul mezzo, che era stato rubato in provincia di Brescia circa un mese fa: anche questo elemento ha indotto gli inquirenti a pensare ad un agguato ben organizzato ed anche al probabile coinvolgimento di alcuni complici. Secondo quanto anticipa il Corriere della Sera, l’inchiesta coordinata dalla pm Roberta Amadeo al momento sta privilegiando una pista: quella di un movente legato al denaro. Quindi sono in corso accertamenti sul patrimonio e sui conti bancari di Donato Carbone.
La vittima nel 2015 aveva chiuso la propria impresa edile, specializzata nelle ristrutturazioni di appartamenti, in seguito ad alcuni problemi di salute. Negli ultimi mesi sembrava essersi ripreso dalla malattia, che lo aveva costretto a non uscire di casa per lungo tempo: aveva ricominciato a fare dei piccoli lavori e ad accompagnare a scuola la nipotina, anche se recentemente aveva avuto delle ricadute.
Il furto in una pellicceria a 19 anni
Tutti ora descrivono Carbone come un uomo tranquillo, legato alla famiglia e apparentemente senza problemi. L’unico suo guaio con la giustizia risaliva al lontano 1975, quando a soli 19 anni aveva partecipato ad un furto in una pellicceria a Melzo. I soldi guadagnati negli anni passati con l'impresa gli permettevano di vivere dignitosamente.
Per trovare una spiegazione al delitto, moglie, figlia e fratello della vittima sono stati sentiti a lungo dai carabinieri. Si cerca di capire se Donato Carbone avesse qualche segreto, come un affare ignoto o un prestito di denaro non restituito. Fino ad ora l’unica ipotetica pista l’hanno fornita dei vicini, che hanno visto diverse settimane fa il 63enne litigare vivacemente con alcune persone di nazionalità italiana. Sembra certo che il killer conoscesse bene il suo obiettivo, raggiunto da dieci colpi sparati da un’arma semiautomatica. L’assassino ha atteso che Carbone tornasse dal fruttivendolo: quando è sceso dalla sua Mercedes per aprire il garage è stato raggiunto dai proiettili. Inutile ogni suo tentativo di risalire in auto, per ripararsi e fuggire.