Il mais dolce è privo di glutine e può essere utilizzato, in modo sicuro, come avviene anche con il riso, da coloro che sono intolleranti al glutine. Inoltre è un cereale ricco di fibre, vitamine e antiossidanti, oltre a contenere quantità moderate di minerali.
Già nel 1700, la coltivazione di questo cereale era molto diffusa in Garfagnana, e il granturco era proposto sulle tavole in vari piatti, almeno una volta al giorno, risultando secondo nei consumi quotidiani soltanto alla castagna. La produzione locale, tuttavia, era insufficiente e, per questo motivo, si ricorreva all'acquisto dai mercanti lucchesi.
L’autunno donava al territorio colori stupendi, e anche le case dei contadini contribuivano ad arricchire questa tavolozza di colori con le tonalità giallo-oro delle pannocchie che venivano appese alle facciate, affinché asciugassero. Vediamo ora come si prepara un piatto tipico della tradizione culinaria legata al mais, l'infarinata della Garfagnana.
Infarinata della Garfagnana: preparazione
Si mette a bollire una pentola alta d’acqua. Al suo interno vanno inseriti qualche foglia di cavolo nero, patate, e diverse manciate di fagioli borlotti secchi (messi a mollo in precedenza).
Con il tagliere e la mezzaluna si prepara un trito di cipolla, sedano, poco aglio e una fetta di lardo, per ottenere un soffritto.
Appena pronto, insieme ad un osso di prosciutto si mette a bollire nella pentola. Gli ingredienti devono bollire insieme per circa 3 ore. Trascorso questo tempo, l'osso va rimosso e si aggiunge nella pentola la farina di granturco, finché si ottiene un impasto morbido. Infine si fa bollire per altri 45 minuti.
Infarinata fritta
Si comincia preparando un brodo di carne di maiale; quando è pronto ci si cuociono i fagioli e il cavolo nero sminuzzato, quindi si aggiunge lentamente la farina di granoturco e, mescolando continuamente, si fa cuocere il tutto ancora per quaranta minuti.
Quando è cotta, questa sorta di polenta va rovesciata su un piatto per farla freddare, quindi si taglia a fette che vanno fritte nello strutto ben caldo. E ora non resta che portare in tavola questi sapori di un altro tempo.