Il film su Neruda va visto. E va visto per una duplice ragione.

Innanzitutto perchè il regista, Pablo Larrain, ricostruisce il quadro del Cile negli anni della presidenza di Gabriel Gonzales Videla ( 1946-1952), e il pubblico vede descritta la grande miseria di larghe parti del popolo cileno e la ricchezza concentrata nelle mani di pochi, arriva persino a far incontrare Neruda con un giovane Pinochet che compare solo alla fine, nei panni di un ufficiale responsabile di un campo di detenzione, e ovviamente un poeta all'apice della sua affermazione sociale.

Ma l'altra irrevocabile ragione è la storia nella storia, quello spazio metastorico nel quale è incuneata la figura di Neruda. Il Neruda che ci viene raccontato dal regista è un uomo che ha ingaggiato una battaglia strenua contro il suo poliziotto, contro quel persecutore che lo vuole schiacciare ed annullare. E' dunque questo il nucleo fondante della storia, raccontare il rapporto vittima- persecutore che si instaura tra il poeta e il poliziotto, Oscar Peluchoneau .

Quello che più affascina in tutta la narrazione sono le straordinarie parole che la sceneggiatura di Giullermo Calderon sa prendere in prestito dalla penna del poeta e utilizzare in questo film la cui matrice letteraria è indiscussa, ed è il pregio ed insieme il difetto della pellicola.

Non è, questo film, una semplice biografia, anche se il pubblico vede narrata la fuga del poeta dal suo paese e lo scontro irriducibile con chi vuole soffocare nel sangue ogni forma di vita dignitosa.

Riflessioni sul film Neruda

Il cuore della narrazione è il rapporto tra il poeta e il suo poliziotto, la irragionevole fascinazione che Neruda suscita su quest'uomo che arriverà a morire pur di espletare il suo compito, e intanto attraversano lo schermo le immagini del Cile degli anni 40, i protagonisti principali di quella pagina di storia, la casa del poeta, grande e ben arredata, la prima e la seconda moglie ed in ultimo i fotogrammi di quella terra di confine, vicino alla Cordigliera, dove si consumerà l'ultima fase della vicenda. 

Quelle terre aspre e desolate, abitate da signori feudali e da una plebe miserabile, con una coltre di neve quasi perenne, e tanti indios, diventano il luogo per antonomasia, il proscenio in cui si consuma la fuga di Neruda dal Cile e la morte del suo persecutore.

Epica la capacità narrativa del regista, autore indimenticabile di film come No, i giorni dell'arcobaleno. Grande e tragico l'impulso narrativo di un regista, Pablo Larrain, che si pone ormai come il protagonista assoluto sulla scena della narrazione storica del suo paese.

Icona fondamentale delle lotte per la libertà e l'uguaglianza in un mondo in cui tutto ciò è ancora di là da venire.