In ricordo della “Shoah”, lo sterminio degli ebrei si è scelto questo giorno, il 27 gennaio. Nel 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, trovandosi davanti circa 7000 prigionieri ancora in vita che non lasciarono possibilità di dubbio sugli abusi subiti.
Se penso a quando da bambina studiavo le guerre non contemporanee, ricordo di averle vissute con un senso di lontananza, nel tempo e dalla realtà in cui vivevo.
Fortunatamente non per questa atroce parte della storia perché la memoria era presente. Testimoni di quanto accaduto, documentari, libri e film per ogni orecchio, erano lì per non fartelo dimenticare. Per non farti scordare che l’eccidio era stato pianificato con razionalità e in totale assenza di democrazia.
Si può ricordare in molti modi
Quest’anno con un’amica sono stata alla proiezione del film “remember” di Atom Egoyan, regista nato al Cairo nel 1960 da genitori armeni e poi diventato canadese. Il protagonista è Zev Guttman, anziano nel pieno della demenza che vive in una casa di riposo con Max, entrambi con un passato legato ad Auschwitz.
Alla morte della moglie di Zev, Max gli chiede di ritrovare un ufficiale delle SS riuscito a scappare dal campo in America sotto falso nome e vendicare così le loro famiglie. Come fare per i suoi problemi di memoria? Max scrive una lettera che lui dovrà portare sempre con sé in cui spiega dettagliatamente cosa è successo e cosa deve fare, unica guida nei suoi momenti di disorientamento. Il “nazista” però non sarà l’unica cosa che scoprirà.
I genocidi vanno ricordati tutti. Dato che, se ci pensiamo, l’attualità ci restituisce molti indizi sul fatto che nel riconoscere le avvisaglie di situazioni sovrapponibili rischiamo la memoria corta, meglio esercitare questa funzione per non cedere al razzismo e ai totalitarismi.
L’Articolo 27 della ns. Costituzione dice: “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [cfr. art. 13 c. 4]. Non è ammessa la pena di morte.”