La palombella, in ambito sportivo, è un tiro arcuato e insidioso a parabola che può sorprendere il portiere fuori dai pali e al contempo è la sospensione interminabile tra il momento in cui la mano lascia il pallone e quello in cui conclude la sua corsa. Su questa doppia valenza lessicale Nanni Moretti costruisce uno dei film più significativi della sua carriera.

Michele Apicella è un deputato comunista giocatore di pallanuoto in trasferta con la sua squadra ad Acireale (Sicilia), ha perduto la memoria in un incidente stradale e prova a ricostruire la sua persona e il suo passato.

Il ricomporre un' identità sbiadita si avvita a ciò che è stato il PCI e cosa possa essere oggi, nel 1989, dopo la morte di Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer, e l'incipiente caduta del regime sovietico. Un PCI guidato da Achille Occhetto che ha perso i suoi punti di riferimento, che ha smarrito i suoi valori fondanti ed è schiacciato dall'immutabile DC e dal rampante e pacchiano socialismo. Il 1989, per Moretti, decretano la morte dell'utopia comunista e quella della sua generazione che aveva creduto e combattuto per questa ideologia e vede davanti a sé vuoto e catabasi. Viene meno la morale basata sul rispetto dell' essere umano a favore dell' edonismo più sciatto e bieco il cui ruolo dell'uomo è degradato definitivamente a merce.

Emblema di questo imbarbarimento è la giornalista che deve intervistare Apicella e che adopera un linguaggio superficiale pieno di cliché linguistici, dal nozionismo approssimativo. La rabbia disperata dell' isterico deputato comunista appare, quindi, più che giustificata: la televisione, unico guru in cui la gente crede e vede almeno una volta nell'arco delle ventiquattrore, è insegnante di una vita insulsa e frivola vettore di una essiccazione mentale e relazionale devastante per i suoi fruitori. La televisione, soprattutto quella commerciale, per Moretti, sta annientando il ragionamento e la cognizione critica portando tutto a un minestrone sostenuto dal nulla.

In tal modo, allontanando apocalissi e palingenesi, la partita di pallavolo diventa un convegno antro-politico-sociologico interminabile e scandaglio autobiografico di una militanza che, rispetto alle generazioni pregresse, germoglia già con dubbi e incertezze come sottolinea i flashback de La sconfitta del 1973, girato nel periodo delle lotte operaie e dell'esaltazione delle granitiche certezze comuniste o marxiste delle pellicole di Petri e Rosi.

L' importanza del film di Moretti

Palombella rossa assurge a cimento in cui deflagra istericamente tutta una serie di tematiche e ossessioni del Moretti anni '70-'80 e ne sancisce la chiusa di quel periodo. Il regista, dopo l'incarnazione del cinico e crudele Cesare Botero ne il Portaborse (1991), film di Lucchetti, ma pienamente in sintonia con la poetica morettiana, ripiega sull'intimismo di un uomo pasciuto liberale progressista più distaccato dalla causa politica e che riscopre la semplicità della vita, ama i suoi 40 anni, tanto da registrarli quotidianamente in Caro Diario (1994)