A dir poco geniale e audace l'operazione condotta da quattro registi-sognatori napoletani (Alessandro Rak, Dario Sansone, Mario Guarnieri, Ivan Cappiello) che la buona accoglienza de L'arte della felicità sono riusciti nell'impresa di reinterpretare attualizzandola una delle favole più famose de Lo cunto de li cunti, cimento del '600, redatta dal loro conterraneo Giambattista Basile, ossia La gatta cenerentola, narrata da Antonella Sesto passatempo della prima giornata.
La favola che ha trovato un grande successo nel mondo culturale non solo è stata riscritta da Perrault, ma ha avuto una riduzione cinematografica disneyiana e nel 1976 è stata portata in scena da Roberto De Simone.
Il film animato che ha avuto un'accoglienza calorosa nella sezione "Orizzonti" del Festival di Venezia, è stata creata dai quattro registi con un team di 11 animatori. Annullando lo splendore magico della favola la pellicola si presenta come un film alla Hitchcock ambientato sulla nave Megaride di proprietà dello scienziato visionario e armatore Vittorio Basile attraccata nella baia di Napoli. Il sogno di Basile, padre di Mia, la gatta del titolo, affidata alle cure della fedele guardia del corpo Primo Gemito, è quella di fare del porto di Napoli un polo della scienza e della tecnica; ma il progetto è osteggiato dai clan camorristici che hanno ben altri sordidi e lucrosi interessi. Tra di essi c'è Salvatore Lo Giusto amante della seconda moglie dell'armatore, Angelica Carrannante.
Questi sono i primi ingredienti di un thriller serrato dall'intreccio avvincente dovuto anche ad una minuziosa caratterizzazione dei personaggi, impreziosita dalla scelta di non far parlare Mia e relegarlo a personaggio secondario quando si rivela essere, fin dal titolo, il perno di tutti i giochi di potere che si svolgono sull'imbarcazione.
Primo Gemito viene presentato come l'eroe buono e coraggioso novello Cary Grant o Sean Connery sorretto anche dalla voce rassicurante di Alessandro Gassman. L'antagonista Salvatore Lo Giusto rivela la doppiezza, ma la psicolabilità, di un moderno Norman Bates nell'essere spietato uomo di malaffare e irresistibile spaccone. Ma il personaggio più ricco di sfumature è Angelica dilaniata da un'inesauribile brama di potere e al contempo dal desiderio di essere amata, mescolanza di una moderna Anna Karenina e Lady Macbeth, ma senza la capacità manipolatrice della sua antesignana, genitrice di cinque figlie abiette e rapaci trasfigurazione delle streghe macbettiane.
Ad accentuare questa atmosfera gli ologrammi creati da Basile, rivelatori di un passato nascosto e rimosso.
Un film che parla di Napoli in tutte le sue contraddizioni e che fa riflettere con brio sulle mille sfaccettature del capoluogo campano, come dimostrano l'utilizzo di canzoni partenopee. A valorizzare quest'opera è anche il doppiaggio: ogni voce è idonea al personaggio, tra essi spicca oltre a Gassman, quella guascona di Massimiliano Gallo, quella felina di Maria Pia Calzone, quella autoritaria di Renato Carpentieri e quella paterna di Mariano Rigillo.
Se il sogno della piccola casa di produzione partenopea Mad è quella di rimodulare l'Animazione per attrarre una più ampia fetta di pubblico non solo ci sono riusciti, ma con questo piccolo capolavoro hanno dimostrato come si possa battere una nuova strada nel campo dell'animazione volto al pubblico più eterogeneo e ai critici più capziosi e non più relegata come genere per giovani e bambini.