Nel lavoro domestico ci sono diritti dei lavoratori spesso non ottemperati dal datore di lavoro o che gli stessi lavoratori non sanno di poter richiedere. La particolarità del lavoro di colf e badanti, tanto per citare i più comuni addetti del settore, resta uno delle problematiche maggiori in materia: il settore è munito di un proprio contratto collettivo, ma ancora oggi per scarsa conoscenza o per l’alto costo del lavoro da sostenere da parte delle famiglie, il lavoro nero e la mancata tutela dei diritti dei lavoratori sono fenomeni diffusi.
Come per tutti gli altri lavoratori degli altri settori, anche alla badante o alla collaboratrice domestica spettano TFR e bonus Irpef. Diritti sacrosanti che, in alcuni casi, la normativa applicata al settore offre possibilità migliori che negli altri settori lavorativi. Ne è esempio lampante il TFR che i lavoratori del settore domestico possono richiedere anche in anticipo e più volte.
La buonuscita
Per ogni anno di lavoro i dipendenti accantonano una parte di stipendio per il TFR, altrimenti detto liquidazione o buonuscita. Nel lavoro domestico ci sono margini più flessibili offerti ai lavoratori per richiedere il TFR: nel settore vige la norma che consente ai lavoratori di richiedere l’anticipo della liquidazione ogni anno.
Nel mondo del lavoro in linea generale, il Codice Civile prevede che il lavoratore possa richiedere l’anticipo del TFR (che andrebbe preso solo alla cessazione per qualsiasi motivo del rapporto di lavoro) solo se ha maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro e solo motivando la richiesta per sopraggiunte ed improrogabili esigenze come spese mediche improvvise, spese per maternità o per acquisto e ristrutturazione della propria casa. Nel lavoro domestico invece è consentito richiedere il 70% di quanto accantonato ogni anno e senza giustificare la richiesta.
Va ricordato che un lavoratore accantona come TFR una quota ogni mese di lavoro svolto. Se per esempio il lavoratore percepisce 670 euro al mese comprensivo delle indennità di vitto e alloggio, lo stesso destina alla propria liquidazione circa 50 euro al mese, risultato di 670 euro diviso il coefficiente fisso di 13,5.
Il bonus Renzi
Con il Jobs Act, uno degli atti più importanti e discussi dell’ultimo governo Renzi, fu istituito il cosiddetto bonus Irpef. Si tratta del famoso bonus di 80 euro al mese erogato ai lavoratori dipendenti che si trovano in determinate condizioni reddituali. Un bonus comunemente erogato in busta paga dal datore di lavoro che però non ha lo stesso obbligo nel lavoro domestico. Il datore di lavoro non fungendo da sostituto di imposta non è costretto mese per mese ad erogare questa somma aggiuntiva al lavoratore, nonostante si tratti di soldi che il datore di lavoro anticipa soltanto al lavoratore. Nel settore che riguarda badanti e colf, il bonus è comunque spettante ma va richiesto con un’altra strada.
Per percepire il bonus occorre che il lavoratore non superi una soglia massima di reddito e non sia sotto un’altra soglia minima: il bonus da 80 euro spetta a condizione che il reddito del soggetto interessato sia superiore a 8.174 euro annui e inferiore a 24.600 euro. Un bonus ridotto spetta a coloro che si trovano con redditi tra i 24.601 ed i 26.600 euro annui che rappresenta la soglia oltre la quale il benefit non è spettante. La via concessa ai lavoratori domestici per recuperare 960 euro annui di bonus (per periodi di lavoro inferiori all’anno il bonus è erogato solo per i mesi di effettivo lavoro) è quella delle dichiarazioni dei redditi, con i classici modelli 730 o Redditi PF. Il bonus spetta solo se l’imposta lorda da versare risulta superiore alle detrazioni per lavoro dipendente spettanti di diritto dalla normativa fiscale italiana in materia di lavoro.