Questo genere di domanda giunge spesso inaspettata, magari mentre siamo impegnati in attività quotidiane. Trovare la risposta non è sicuramente difficile: le conoscenze non ci mancano. E' la modalità che ci rende incerti e ci crea disagio, perché parlare di sessualità ci coinvolge emotivamente.
Questa difficoltà deriva da diversi fattori: il tipo di educazione ricevuta, la nostra esperienza, l'emotività e la nostra intimità di coppia.
Nonostante questo turbamento naturale, è necessario affrontare l'argomento .
La domanda che ne consegue è allora: "Quando cominciare a parlare di sessualità?". In realtà non esiste un'età definita, perché l'ideale è iniziare sin da subito un percorso di educazione sessuale con i propri figli.
All'inizio, infatti, nei primi tre anni di vita, il bambino, vivendo in stretto contatto con mamma e papà, comincia a strutturare la propria identità sessuale.
Successivamente, entro i sei anni, comincia a fare domande più specifiche che riguardano la propria e altrui esistenza. Capita, infatti, che il piccolo, facendo esperienza diretta con cuccioli di animali, cominci a chiedere ai genitori se anche lui sia stato, come ad esempio il cagnolino o il vitellino, dentro la pancia della mamma.
Entro i nove anni il bambino, invece, può cominciare a domandare come egli abbia potuto entrare nella pancia della mamma, o come lo abbia potuto fare il semino del papà .
Entro questa fascia d'età tutte le possibili domande vanno accolte e nell'offrire le risposte occorre usare un linguaggio semplice e chiaro. All'inizio si possono utilizzare, come strumenti, fiabe o libretti pensati proprio per i più piccini.
Più avanti le nostre risposte si faranno più articolate facendo leva non solo sugli aspetti fisiologici, ma soprattutto affettivi, rassicurando il bambino che la sua nascita è frutto di un gesto d'amore di mamma e papà. Si può arrivare a far capire che l'amore tra i genitori è un sentimento profondo che si può anche esprimere attraverso l'unione dei corpi.
Una modalità che può aiutarci a formulare risposte adeguate è quella di provare a chiedere al bambino, dopo che ci ha posto la domanda, cosa sappia già sull'argomento. In questo modo si prende tempo, si controlla la propria emozione, si ascolta il piccolo e si cerca la risposta migliore.
Va comunque ricordato che noi genitori non comunichiamo solo attraverso il linguaggio verbale. Esiste una comunicazione più sottile, profonda, ma ben comprensibile dai piccoli: quella dei gesti, del tono della voce, degli sguardi.
Ecco perché diventa importante affrontare queste situazioni con toni pacati ed affettuosi, guardando il nostro bambino direttamente negli occhi, per fargli capire che si può parlare di tutto senza vergognarsi.
Dai 10 anni in poi il linguaggio scientifico è quello più corretto e adatto per trasmettere le informazioni, anche perché la scuola stessa prevede lo studio dell'anatomia umana, della cellula e della riproduzione. Non dimentichiamo però che il nostro scopo è sempre quello di educare alla sessualità nella dimensione dell'amore e del rispetto. Spesso i ragazzini usano terminologie volgari per comunicare con gli amici o per provocare gli adulti. I genitori possono ripetere questi vocaboli per dimostrare che non ne hanno paura, che ne conoscono il significato e che non si scandalizzano. Poi, però, devono far capire che "certi termini "svalutano il corpo e la sessualità, mentre termini più adeguati dicono la stessa cosa ma con più rispetto e dignità.