Mentre tutti gli occhi occidentali rimangono saldamente concentrati sulla Grecia, una crisi potenzialmente molto più significativa a livello finanziario si sta sviluppando dall'altra parte del mondo. In alcuni ambienti è già stata nominata "Cina 1929", l'anno del più grave crollo del mercato azionario nella storia che segnò l'inizio della catastrofe economica della Grande Depressione.

La Borsa di Shanghai ha perso il 30% del suo valore in appena tre settimane, dopo che il suo valore è raddoppiato nel giro di un solo anno. Novecentoquaranta imprese, cioè più di un terzo, hanno sospeso la negoziazione nelle borse cinesi.

Jeremy Warner, analista inglese, vede parallelismi tra gli eventi in Cina e la crisi del 1929: oltre un decennio di crescita frenetica, creazione di ricchezza e gli eccessi, entrambi i boom sono in parte spiegati dalla rapida espansione del credito, e il denaro preso in prestito svolge un ruolo importante in eccessi speculativi.

Ovviamente, ci sono grandi differenze: in primo luogo, la Cina è un'economia pianificata e controllata, che è riuscita finora a sfidare la regole economiche comuni.

"Il fatto è che neanche questa volta sarà diverso, anche se i mercati azionari continuano a scendere, l'impatto non sarà peggio che nel 2007-08, quando l'indice Shanghai Composite è sceso di due terzi." L'analista britannico non pensa che Pechino sarà sempre in grado di rispondere con azioni successive creando sempre più: prima c'è stato l'oro poi le case e infine ha iniziato a produrre presse che sono state un'ulteriore iniezione di denaro in Borsa.

Ma ora i politici hanno imparato qualcosa dalla crisi della Grande Depressione: il vero problema delle crisi finanziarie non è il crash, ma il crollo del sistema bancario. Le borse sono solo un segnale di futura contrazione del credito.



A suo parere, è la fine naturale di realizzare uno sviluppo economico basato sulle esportazioni, almeno per la Cina. Ora il presidente Xi Jinping ripone la sua speranza nell'aumento dei consumi interni come motore di sviluppo, e si è impegnato a continuare le riforme per liberalizzare i mercati. "Purtroppo, si rivela una transizione difficile. Parte del problema con i mercati liberi è che, per definizione, non può essere controllato" conclude il il presidente.