Ieri il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha tenuto una conferenza all'ambasciata tedesca a Roma nella quale ha di nuovo opposto un no all'ipotesi diverse volte caldeggiata dall'Italia della condivisione dei rischi nell'Eurozona.
Stiamo parlando, in pratica, della proposta italiana degli "Eurobond" ovvero di titoli di debito pubblico erogati da una apposita agenzia europea e garantiti congiuntamente da tutti i paesi dell'Eurozona.
L'ultima proposta di eurobond è stata avanzata da Padoan per coprire le spese dell'accoglienza dei rifugiati ed ovviamente è stata respinta per l'ennesima volta al mittente dal governo tedesco.
I Paesi "forti" non vogliono condividere il rischio del debito con i Paesi "deboli" e molto indebitati. Almeno, come dice Weidmann, non senza un'autorità unica fiscale europea che possa intervenire sulle politiche fiscali dei singoli Paesi. Weidmann quindi accusa l'Italia di voler condividere il rischio senza cedere sovranità in campo fiscale.
Tuttavia la visione di una autorità unica fiscale europea proposta, che sarebbe fortemente condizionata dal preponderante peso politico dei Paesi nordeuropei, appare abbastanza illogica se non si accetta di mettere in campo una fiscalità unica tra gli Stati dell'U.E che preveda anche dei trasferimenti tra i vari Stati per attuare una efficace e solidale politica fiscale (un po' come accade tra il Nord ed il Sud Italia).
Ma trasferimenti fiscali tra i vari Stati sono ovviamente osteggiati proprio dai quei Paesi che chiedono l'autorità fiscale europea, poiché comporterebbero un trasferimento di ricchezza tra gli stati del Nord e gli stati del Sud Europa.
La violazione delle regole
Weidmann ha inoltre affermato che "da quando esiste l’Unione monetaria le regole del patto di stabilità e crescita sono state violate da alcuni Stati, fra i quali anche l’Italia, più spesso di quanto siano state rispettate" e che "anche la Germania, nel biennio 2003/2004, ha contribuito a indebolire la forza vincolante delle regole".
Probabilmente quando Weidmann parla di regole, si riferisce solamente al solo limite del 3% del rapporto deficit/PIL, che, tuttavia, la Germania ha violato non solo nel biennio 2003/2004, ma dal 2002 al 2005, per sostenere con la spesa pubblica la riforma Hartz 4, e dal 2009 al 2011, per salvare le sue banche dai fallimenti.
Scorda, inoltre, il presidente della Bundesbank, che la Germania vìola dal 2007 (nove anni consecutivi) il limite del surplus estero (ovvero differenza tra importazioni ed esportazioni) del 6% del PIL. Vuol dire che i tedeschi esportano, portano in Germania i redditi, soprattutto dagli altri paesi dell'Eurozona, ma importano poco perché non consumano e risparmiano molto. Questo crea squilibri, potenzialmente esplosivi per la moneta unica, che potrebbero essere sanati solamente, appunto, con una redistribuzione della ricchezza mediante il trasferimento fiscale.
Peraltro Weidmann guarda le regole un po' con i paraocchi: dal 2009 al 2012 l'indebitamento dell'Eurozona è stato abbondantemente superiore al 3%, e ancora nel 2013 solo 11 stati su 18 rispettavano il limite del 3%.
Tra i Paesi che hanno sforato ripetutamente tale limite, oltre all'Italia gentilmente citata da Weidmann, ci sono anche la Francia e la Spagna, non propriamente due staterelli. Allora se la regola è così difficile da rispettare, soprattutto in tempi di crisi economica, forse vuol dire che è sbagliata. Anche perché, per ammissione stessa del suo inventore, Guy Abeille, la regola non ha alcun fondamento scientifico ed è assolutamente arbitraria.