L’indennità di accompagnamento, disciplinata dalla Ln.18/1980, si configura come una prestazione in cui l’intervento assistenziale è rivolto innanzitutto a sostenere il nucleo familiare del soggetto inabile e non ha ad oggetto il sostentamento di quest’ultimo nelle sue capacità di lavoro. Presupposto per il riconoscimento di tale indennità è l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un assistente da cui, appunto, consegue l’incapacità di compiere tutti gli atti quotidiani della vita. La magistratura della Cassazione, con la sentenza n. 7774 del 20 aprile, si è pronunciata sulla questione di accordare o meno il risarcimento del danno patrimoniale futuro, nel caso in cui sia stata già riconosciuta l’indennità di accompagnamento. Secondo la Corte di Cassazione quest’ultima, poiché ha anche lo scopo di compensare l’onere di dover retribuire un collaboratore per far fronte alle esigenze di vita quotidiana, cancella il danno risarcibile.

Il caso da cui trae origine la sentenza della Suprema Corte

ll caso da cui trae origine la decisione della Suprema Corte ha riguardato un uomo che dopo un sinistro stradale ha citato in giudizio i soggetti responsabili dell’incidente. Il tribunale ha accolto parzialmente la sua domanda, riconoscendogli il 50% di responsabilità. La vittima del sinistro ha quindi proposto ricorso in Corte d’Appello che gli ha accordato un danno patrimoniale maggiore,in virtù delle diverse spese mediche sostenute per l’assistenza infermieristica domiciliare e per l’acquisto di macchinari farmaceutici. Il giudizio così è finito in Corte di Cassazione, dove i giudici di legittimità hanno criticato la sentenza della Corte d’Appello, innanzitutto per i presupposti e i criteri seguiti nella liquidazione del danno permanente.

In particolare, i giudici di legittimità si sono chiesti dove i colleghi di merito abbiano reperito la documentazione relativa alle spese per l’assistenza domiciliare, per l’acquisto di un’automobile e quelle per l’adeguamento dell’abitazione. La Corte di Cassazione ha precisato che in tale caso è sbagliata la liquidazione del danno emergente per le spese di assistenza, anche con riferimento al periodo compreso fra il sinistro e la data della liquidazione.

Quest'ultima, infatti, può avvenire ai sensi dell’articolo 2056 c.c. sulla base di fatti notori. Ne consegue che non possono essere riconosciute al danneggiato delle spese passate, se questi non prova di averle sostenute, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Presupposti per l’esclusione dell’indennizzo per danno da lesione

A detta degli "Ermellini", inoltre, la quantificazione del danno patrimoniale è stata effettuata senza detrarre l’indennità di accompagnamento e ignorando i benefici che la legislazione regionale assicura in tema di assistenza domiciliare. Tale indennità, infatti, ristora già un pregiudizio patrimoniale. La percezione di quest'emolumento incide già nella misura del danno risarcibile, dato che lo elimina almeno in parte. Essa, infatti, mira a compensare l’onere di dover retribuire un collaboratore per le esigenze di vita quotidiana. Secondo gli "Ermellini" lo stesso discorso può essere fatto per l’assistenza domiciliare prestata dal servizio sanitario.

Ne è conseguita, quindi, una sovrastima da parte dei giudici dell’Appello del danno patrimoniale per l’assistenza domiciliare, in violazione dell’articolo 1223 c.c.. Per ultimo, i giudici di legittimità hanno espresso un terzo principio di diritto e cioè che la liquidazione del danno futuro può avvenire con il metodo della capitalizzazione o moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sostenuto. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti sul tema,potete premere il tasto "segui" accanto al nome dell'autore.