Sono milioni gli italiani che utilizzano l'isee per chiedere le più svariate prestazioni assistenziali, le borse di studio alle Università o le riduzioni delle bollette domestiche tanto per citare qualche esempio. Un modello che considera tutti i redditi del nucleo familiare e li rapporta con il numero di componenti in esso presenti, in modo tale da rendere più chiara la situazione reddituale e patrimoniale di una famiglia.

Negli ultimi anni si è registrata una stretta sui controlli relativi all’Isee che spesso presentavano redditi celati da parte dei richiedenti per riuscire a rientrare nelle soglie utili a percepire le prestazioni richieste. All’inasprimento dei controlli è stata collegata una modalità di richiesta e di rilascio della certificazione più dura. Evidente che a questo modello che dal 2018 seguirà la strada del 730, diventando precompilato, i legislatori danno una certa rilevanza per quanto concerne lo scovare possibili evasori. Vanno registrate anche alcune sentenze di Corte d’Appello e Cassazione che fanno rientrare comportamenti dolosi in sede di richiesta dell’Isee, nel reato di falso ideologico.

Tutti i redditi nessuno escluso

Per richiedere l’Isee all’Inps necessarie le credenziali di accesso ai servizi telematici Inps o presso Patronati e Caf. L’Isee è un modello auto-certificativo, cioè bisogna dichiarare a propria responsabilità tutto quello che si possiede. Va compilata la Dichiarazione Sostitutiva Unica con la quale bisogna dichiarare per ciascun componnte il nucleo familiare, i redditi percepiti, le automobili di proprietà con tanto di libretto in fotocopia, gli immobili posseduti e registrati a loro nome in catasto e tutti i rapporti bancari in essere. Quindi, dalla giacenza media dei conti correnti, fino al saldo degli stessi, dai libretti di risparmio e fino a titoli come le azioni, le obbligazioni, carte di debito o credito ed i buoni fruttiferi anche di figli minorenni.

In caso di omissione, la certificazione viene rilasciata ma con una annotazione, come per esempio, il mancato inserimento di un conto corrente o di un Cud. Tra la richiesta e l’erogazione della certificazione, l’Inps si prende anche un paio di settimane, per effettuare i dovuti controlli.

Falso ideologico

Rientrerebbe nella fattispecie di falso ideologico in atto pubblico il mancato inserimento di un reddito detenuto anche da un figlio nella DSU. La Cassazione ha respinto un ricorso di una signora che aveva contestato la precedente sentenza della Corte di Appello che sanciva l’avvenuto reato per via del mancato inserimento dei redditi di un figlio nell’Isee. La sentenza della Cassazione n° 42896 del 2007, con le note esplicative ha confermato come sia doloso questo comportamento nonostante la donna a sua difesa spiegava di non essere al corrente del reddito del figlio che continuava a chiedere soldi a casa come se non fosse autonomo dal punto di vista reddituale.

A nulla è valsa la giustificazione ed il ricorso della donna è stato respinto confermando la precedente pronuncia della Corte di Appello.

Controlli incrociati

Il fatto oggetto della sentenza sarà sicuramente un evento raro, perché come dicevamo, i controlli sull’Isee sono di una rigidità e di una applicazione davvero sopra le righe. Oggi è più facile stanare le false dichiarazioni grazie alle banche dati, dall’Anagrafe tributaria, a quella dei conti correnti. Una stretta che ha permesso di ridurre di molto le false certificazioni. Dati alla mano, dell’80% dei soggetti che nel 2015 in sede di richiesta dell’Isee avevano dichiarato di non possedere un conto corrente, il 70% oggi dichiara di possederne almeno uno.

Oggi grazie ai due cervelloni elettronici di cui si è dotata l’Agenzia delle Entrate, l’anagrafe tributaria e la banca dati degli istituti di credito, nonché ai dati del catasto o a quelli dell’Inps, i controlli incrociati permettono in breve tempo di avere un quadro completo della situazioni di ogni singola famiglia. In pratica l’Inps ogni giorno invia all’Agenzia delle Entrate i codici fiscali dei soggetti che hanno richiesto l’Isee e dei familiari presenti nella Dsu. Solo dopo che il Fisco ha provveduto ad incrociare i dati in suo possesso su tutte le banche dati, lo stesso invierà all’Inps quanto fuoriuscito dai controlli. E sarà allora che l’Istituto di previdenza Sociale emetterà l’Isee, senza incongruenze o con annotazioni da rettificare. In definitiva, al “Grande Fratello del Fisco” nulla sfugge e se sfugge, la colpa è del cittadino che rischia una denuncia per un reato.