Parigi - 24 aprile. Due universi contrapposti e distanti: Front National di Marine Le Pen e En Marche! di Emmanuel Macron.

La prima, donna di ferro, che può piacere o meno, è stata capace di rilanciare l'immagine di un partito estremista, ribellandosi anche alla figura del padre-padrone. Si è fatta portavoce dei francesi arrabbiati per l'eccessiva globalizzazione, delusi e spaventati da una guerra continua in casa loro - anche se i terroristi erano nati e cresciuti in terra transalpina - ha accusato l'Europa dell'origine di ogni male, permettendo la libera circolazione dei terroristi.

Ha raccolto i voti nelle fabbriche e nella profonda Francia dimenticata dalla politica negli ultimi 10 anni.

Macron, invece, moderato ed europeista, ridà speranza all'Europa, a quell'idea di Europa di Robert Schumann, Jean Monnet e François Mitterand, intesa e voluta come unione di popoli, di idee e di regole atte a tutelare l'autodeterminazione, la libera circolazione dei propri membri e l'autodifesa da attacchi esterni, promotrice di pace nel mondo.

Gli elettori francesi hanno scelto, schierandosi da una o dall'altra parte, escludendo dai giochi i partiti tradizionali, sempre divisi sui programmi, ma uniti nella strategia delle poltrone, sacrificando Alain Juppé da un lato, e Manuel Valls dall'altro, a favore di Benoit Hamon e Francois Fillon, candidati estremi, cercando di ostacolare la Le Pen sul suo stesso terreno.

Ora, dopo il risultato del primo turno del 23 aprile, che vede Macron provare a vestire già i panni del presidente, tutti si stanno schierando con lui per fermare in qualche modo l'ascesa del Front National di Marine Le Pen, con la sua immancabile sigaretta.

Mancano due settimane al ballottaggio, sondaggi: Macron al 62%

Mancano ancora due settimane al ballottaggio e Macron, banchiere trentanovenne, che ha frequentato l'elitaria Ena francese, ex ministro dimissionario dell'economia nel governo Valls, con tendenze liberali, sa bene che non deve commettere errori.

Non può permettersi di sottovalutare la propria avversaria, come ha fatto Hillary Clinton con Donald Trump, e come hanno fatto gli europeisti che non hanno dato importanza al voto degli inglesi che volevano uscire dall'Europa che, invece, ha portato alla vittoria la Brexit. Attualmente, i sondaggi vedono Macron vincente al ballottaggio del 7 maggio con il 62% delle preferenze.

Marine Le Pen, subito dopo il risultato di ieri sera, ha parlato ai suoi "compatrioti", ma non si è trattato di un semplice ringraziamento, bensì del tentativo di convincere i francesi che non ha conquistato nulla fino ad ora, aggiungendo "se vincerò le elezioni non sarò io a salire all'Eliseo, ma il popolo francese, tutti i francesi, anche quei compatrioti che hanno lasciato la patria e che mi hanno dimostrato grande fiducia".

È per questo motivo che l'Europa e tutta la Francia, che desidera e spera di rimanere un Paese leader all'interno dell'UE, rafforzando magari l'asse franco-tedesco con Berlino, fanno il tifo per il "bambino prodigio" Emmanuel Macron. C'è la consapevolezza, infatti, che la vittoria di Marine Le Pen significherebbe sicuramente la fine della storia dell'Unione Europea, che dopo la Brexit, e con il peso del debito di Grecia, Italia e Spagna, subirebbe il colpo di grazia.