La Brexit ha avviato sommovimenti non solo sul piano internazionale, ma anche sul piano interno della stessa Gran Bretagna. La Scozia ha infatti annunciato di aver fatto richiesta ufficiale per un nuovo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito, mentre l’Irlanda si riscopre unita e pare decisa a superare la divisione sancita nel 1921 (quando l’isola venne divisa tra Repubblica d’Irlanda con capitale Dublino e l’Irlanda del Nord con capitale Belfast).

Breve storia dell'Irlanda e della Scozia

L’Irlanda e la Scozia sono state soggette per secoli al dominio inglese. Nel 1801 venne proclamato il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, dopo che nel 1707 era stato sancito l’Atto di unione tra Inghilterra e Scozia, altro storico rivale degli inglesi ma che finì soggetto alla corona inglese, prima con una unione personale tra le corone nel XVII secolo, poi con un governo diretto di Londra.

Il fuoco della rivolta irlandese invece covò fino all’esplosione della rivolta di Dublino del 1916 che portò al trattato del 1921 con cui nacquero lo Stato libero d’Irlanda, la Repubblica d’Irlanda, a maggioranza cattolica, e l’Irlanda del Nord, a maggioranza protestante.

Allora le sei contee dell’Ulster (frutto della migrazione di coloni calvinisti scozzesi del XVI secolo) confluirono in uno stato unito con la Gran Bretagna (dominato da “unionisti”), mentre il resto dell’Irlanda, diviso in altre ventisei contee, andò a costituire uno stato indipendente da Londra.

La Scozia invece, indipendente sin dal Medioevo, fu oggetto della politica aggressiva dell’Inghilterra a partire dal XVI secolo per iniziativa dei Tudor. Con l’avvento della dinastia Stuart e di Giacomo I (figlio di Maria Stuarda) si realizzò l’unione tra i due Regni, che però mantennero distinte istituzioni fino all’Atto di Unione delle corone nel 1707 sotto la regina Anna. Le rivolte scozzesi proseguirono fino all’esaurirsi delle lotte definite “giacobite” nel 1746 (battaglia di Culloden).

L’annessione della Scozia fu accettata dalle élite scozzesi in cambio di generose sovvenzioni.

Successo dei nazionalisti

Oggi il nazionalismo sembra risorgere nelle due nazioni, che chiedono con insistenza l’indipendenza dal Regno Unito e la permanenza nell’Unione Europea. Tre secoli dopo il Trattato di Unione del 1707, nel 2007 la leadership politica della Scozia è passata dal Partito laburista al Partito nazionalista. In Irlanda del Nord i partiti unionisti (che vogliono rimanere con Londra) hanno ceduto il passo nelle scorse elezioni a quelli nazionalisti. La Brexit, secondo i nazionalisti nordirlandesi, giustificherebbe una riunione delle sei contee dell’Irlanda del Nord alla Repubblica di Dublino.

Il segretario per la Brexit, David Davis, ha affermato a questo proposito che una eventuale riunificazione irlandese comporterebbe il rientro di Belfast nell’Ue.

Fine della Gran Bretagna?

Oggi sia la Scozia, sia l’Irlanda del Nord sono contrari all’uscita (il 62% degli scozzesi e il 55,8 % degli irlandesi) e per contrastarla spingono per l’indipendenza delle rispettive nazioni. L’avvio della Brexit rischia insomma non solo di escludere il Regno Unito dall’Unione europea, ma di favorire un ridimensionamento della stessa Gran Bretagna che finirebbe per divenire una “Piccola Bretagna” composta dalle sole Inghilterra e Galles e privata della Scozia e dell’Irlanda del Nord a vantaggio di una “Grande Irlanda”. La fine della Gran Bretagna si verrebbe a configurare come la più importante mutazione geopolitica in Occidente da molti decenni a questa parte.