Se non sarà l’1 dicembre sarà il 2 aveva detto Stefania Giannini in merito alla pubblicazione del bando del prossimo concorso a cattedre 2016. "L'iter, come sempre nel nostro Paese, è complesso, ci sono vari atti formali in corso” aveva spiegato ma nonostante ciò il Ministro aveva rassicurato tutti che le tempistiche sarebbero state rispettate. Malgrado le parole del Ministro il dubbio si è insinuato e oggi arriva la conferma di quanto temuto: scaduta la deadline, il bando di concorso per il prossimo concorso Scuola non arriverà in settimana e forse nemmeno nella prossima.

Giannini, scaduta la deadline: a quando il bando del concorso a cattedre?

Qualcuno ci aveva creduto, qualcun altro no, ma come spesso accade in questo paese le scadenze sono sempre troppo flessibili. Responsabile dello slittamento sarebbe, secondo il Fatto Quotidiano, la revisione delle classi di concorso necessaria per definire i termini del bando. La riforma è ancora in atto e malgrado la sua essenzialità si è rivelata molto più complessa e lunga del previsto. Superfluo raccontare lo sdegno degli oltre 200mila precari che avevano segnato la data sul calendario e che invece dopo l’esclusione dal piano straordinario della riforma sono stati delusi ancora una volta.

Dal Miur fanno sapere che in realtà il bando è già pronto, ma senza le nuove classi di concorso e conseguente ripartizione dei posti, la sua pubblicazione non avrebbe senso. È previsto perciò un incontro in settimana tra tecnici e relatori delle Commissioni per stabilire una priorità di interventi, a seguire del quale ci sarà l’approvazione del CdM. Quanto toccherà aspettare ancora per l’uscita del bando? Il Ministero parla di una decina di giorni, ma secondo il Pd ci sarà da attendere “anche 2-3 settimane: ci sono delle scadenze ma non possiamo accettare tutto. E poi dipende da quando sarà il primo Consiglio dei Ministri utile”.

Riforma delle classi di concorso, tempi risicatissimi

La riforma delle classi di concorso è un intervento annunciato da anni.

L’ultimo schema infatti risulta essere aggiornato addirittura al 1989, più di 25 anni fa. Larghi consensi su tale necessità, qualcuno in meno sulle modalità. Prima infatti c’è stato lo stop da parte del Consiglio di Stato, poi dalla Commissione Cultura: un approfondimento sui criteri e poi una lunga lista di condizioni cui si aggiungono imprecisioni e incongruenze relative agli accorpamenti, titoli di accesso e crediti. La deputata Pd Maria Grazia Rocchi parla di criteri generali, “è un lavoro molto complesso, ci sarebbe piaciuto affrontarlo con più calma” dice, ma è tutto inutile: si prepara il solito pastrocchio all’italiana.