In Commissione Bilancio sono al vaglio le proposte emendative alle misure di riforma delle pensioni per il 2016 proposte dal governo Renzi nella legge di stabilità. Nel frattempo, giungono inquietanti notizie che riguardano il futuro della previdenza italiana: da un lato, Tito Boeri spiega come le scelte odierne ricadranno su coloro che, giovani oggi, risulteranno fortemente penalizzati al momento di andare in pensione; dall'altro, il complesso meccanismo che connette l'indice dell'inflazione alla consistenza dell'assegno pensionistico preannuncia una "piccola" batosta per i pensionati, che saranno costretti a restituire all'Inps uno 0,1% elargito in maniera troppo generosa.
È chiaro, insomma, come il sistema previdenziale italiano non stia attraversando un buon momento: le critiche piovono da tutte le direzioni, ma il governo Renzi, per il momento, non sembra essere intenzionato a rivedere in maniera più 'strutturale' la questione.
Le previsioni di Boeri: quando una vera riforma delle pensioni?
Con la pubblicazione del rapporto dell'Ocse sullo stato di salute dei sistemi previdenziali degli stati membri dell'organizzazione, è stato presentata anche una simulazione Inps su un campione di circa 5mila lavoratori che sono nati nell'arco degli anni '80. Le previsioni non potrebbero essere più cupe: chi lavora oggi ed è nato negli anni '80 percepirà in media circa il 25% in meno sull'intera vita pensionistica nonostante, a causa dell'allungamento dell'aspettativa di vita, sarà necessario rimanere sul posto di lavoro almeno fino a 70 anni.
In parole semplici: si lavorerà più a lungo per percepire decisamente di meno, il problema è connesso anche al basso tasso di crescita che le economie occidentali stanno presentando negli ultimi anni e che, verosimilmente, continueranno a presentare nei prossimi anni. Per concludere, Tito Boeri ritiene anche che, senza uno strumento di sostegno come il reddito di cittadinanza, il rischio di povertà per coloro che si troveranno a perdere il lavoro prima dei 70 anni sarà elevatissimo. Insomma, sarebbe necessaria una riforma delle Pensioni e in generale del welfare state che valutasse la questione in una prospettiva più lunga e vasta.
La batosta sulle pensioni in arrivo dal 1 gennaio 2016
Se sono a rischio le pensioni per il futuro, anche chi la percepisce oggi non dorme sonni tranquilli.
La questione è piuttosto complessa e la conclusione è che i pensionati saranno costretti a restituire uno 0,1% erogato in eccesso dall'Inps nell'arco dell'anno 2015 e vedranno ridursi l'importo del proprio assegno previdenziale di uno 0,1%. La motivazione riguarda la connessione tra tasso dell'inflazione e l'indicizzazione delle pensioni: l'andamento dei prezzi è stato nel 2015 dello 0,2% mentre le stime erano state fatte su uno 0,3%; si tratta di uno 0,1% di inflazione reale in meno rispetto alle previsioni ed è proprio la percentuale che andrà restituita a partire dall'assegno di gennaio. Resta ancora aperto il nodo 'perequazione', cioè l'indicizzazione della pensione al costo della vita e all'inflazione: da questo meccanismo, in passato, i governi hanno indebitamente attinto non rivalutando gli assegni.
Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale, il governo Renzi con un escamotage è riuscito a ridurre al minimo la necessità di restituzione. Insomma, l'inflazione pesa sulle pensioni con un duplice meccanismo e i dispositivi di adeguamento non vengono fatti funzionare a dovere.
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