Non siamo di fronte ad una misura riguardante la flessibilità in uscita, ma il part-time pensionistico può essere un’importante viatico per molti lavoratori prossimi alla pensione. Infatti, questa misura è stata approvata in Legge di Stabilità e sarà sperimentata a partire dall’anno prossimo. La sperimentazione servirà a capire se questo provvedimento riscontrerà un certo successo per quei lavoratori a cui manca poco per lasciare definitivamente il lavoro.

Di cosa si tratta?

Il part-time pensione è una possibilità concessa a coloro a cui mancano meno di 3 anni al raggiungimento dei requisiti per la pensione. In parole povere, tutti i lavoratori che hanno almeno 63 anni e 7 mesi, o 62 anni e 7 mesi per le donne, potrebbero scegliere di lavorare ad orario ridotto per gli ultimi tre anni della loro vita lavorativa. Il provvedimento consentirebbe un piccolo ricambio generazionale perché per compensare la riduzione di orario di lavoro dei vecchi dipendenti, si spera che le aziende assumano nuovi lavoratori. Naturalmente, ai futuri pensionati nulla sarebbe tolto sia dal punto di vista dello stipendio che dal punto di vista contributivo.

In parole povere, la pensione che verrà percepita una volta raggiunte le soglie necessarie, sarà la stessa che avrebbero percepito lavorando normalmente. Si tratta quindi di trasformare il proprio contratto di lavoro da indeterminato a part-time. Questa modifica contrattuale deve trovare il comune accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Unica condizione necessaria per poter optare per questa soluzione è che il lavoratore, alla data in cui si trasforma la propria situazione lavorativa, abbia alle spalle almeno 20 anni di contributi effettivi.

Cosa fare, quando farlo e quali adempimenti toccano al lavoratore ed al datore

Tutto dovrebbe partire ad inizio anno anche se il condizionale è d’obbligo perché dal momento che la Legge di Stabilità entra in vigore, i Ministeri hanno 60 giorni di tempo per emanare i decreti attuativi di ogni singolo provvedimento.

L’unica cosa certa è che in Stabilità sono stati stanziati 60 milioni per il 2016, cifra che raddoppierà nel 2017. In pratica il Governo in questa misura crede vivamente. Come detto, è necessario l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Infatti ci sono obblighi e diritti per entrambe le parti in causa ed anche per lo Stato. Il lavoratore potrà ottenere la riduzione di orario di lavoro anche del 60% e la differenza di stipendio sarebbe compensata dalla quota di contributi che il datore, al posto di versare all’Erario, verserebbe in busta paga al lavoratore. Allo Stato resterebbe il compito di considerare pieni e quindi dargli una valenza figurativa, i contributi ridotti che gli arriverebbero nelle casse per via della loro riduzione dovuta al part-time.

Ricapitolando, il lavoratore lavorerebbe di meno non perdendo niente o quasi sia dal punto di vista dello stipendio che della futura pensione. Il datore di lavoro pagherebbe lo stipendio come se fosse pieno perché girerebbe in busta paga la quota di contributi che dovrebbe versare allo Stato e quest’ultimo considererebbe figurativi i contributi delle ore di lavoro mancanti. La possibilità vale per i lavoratori del settore privato con 20 anni o più di anzianità contributiva ed a 3 anni dalla pensione di vecchiaia. Il part-time non può essere richiesto da lavoratori del statali e da chi si trova a pochi anni dal raggiungimento dei contributi utili alla pensione anticipata, cioè 42 anni (41 per le donne) e 10 mesi.