Secondo Claudio Negro e Mara Guarino del 'Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali', il Decreto Dignità potrebbe avere delle conseguenze negative nel mondo del lavoro regolare. Entrato in vigore il 14 luglio 2018, il decreto-legge numero 87, noto comunemente come Decreto Dignità, ha disposto alcune modifiche notevoli sul lavoro italiano. Il passaggio della durata massima dei contratti a termine da 36 a 24 mesi con un massimo di quattro rinnovi, più altre clausole restrittive e onerose per gli imprenditori, potrebbero portare ad alimentare il lavoro nero.
I punti salienti del Decreto Dignità
Il decreto legge numero 87 del 12 luglio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il giorno seguente e il 14 luglio scorso è entrato in vigore. Tra le novità più dibattute del Decreto Dignità ci sono i contratti a tempo determinato, che passano da una durata massima di 36 mesi a 24, con un massimo di quattro proroghe e la necessità di una causale specifica per i rinnovi superiori a 12 mesi. A questo si aggiunge l’aumento dei contributi dello 0,5% per ogni rinnovo del contratto. Le finalità della legge sarebbero quelle di contrastare il precariato, ma di fatto i dati Istat elaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali dimostrano il contrario.
I lavoratori precari in Italia sono il 15% del totale, in Olanda il 18%, in Germania il 13% e in Francia il 15,5%: da questo si evince che l’Italia è in linea con l’Unione Europea per quel che riguarda i lavori a tempo determinato.
Il lavoro a termine non è un fenomeno allarmante
I contratti a tempo determinato si aggiungono a quelli a tempo indeterminato e non è giusto penalizzarli, perché sono sempre e comunque una forma di lavoro. Il rapporto annuale sul mercato del lavoro redatto dall’Inps evidenzia che nel 2017 i lavoratori a tempo indeterminato sono stati 14.966.000, quasi il massimo storico mai raggiunto nel 2008 di 15.007.000. Il precariato non è un fenomeno allarmante secondo Mara Guarino e Claudio Negro e non è una condanna esclusiva dei giovani, perché interessa lavoratori di tutte le età.
Il Decreto Dignità complica la vita a tutte le imprese che vogliono somministrare lavoro con contratti a termine, il che potrebbe alimentare il lavoro sommerso. Il limite massimo di 24 mesi per i contratti a tempo determinato avrà effetti di poco conto e il fatto che per il rinnovo l’impresa debba obbligatoriamente indicare una causale nonché l’aumento dei contributi dello 0,5%, aggiunto alla riforma Fornero dell’1,4%, non è tale da impattare negativamente su questa forma di lavoro al punto da indurre gli imprenditori ad assumere a tempo indeterminato. Di fatto le Offerte di lavoro si ridurranno, perché verranno persi molti lavori a termine senza che vengano sostituiti da contratti a tempo indeterminato. Con la scomparsa dei voucher centinaia di migliaia di prestazioni di lavoro occasionale potrebbero finire nel mondo del lavoro nero, o esserci già.