Ci sono tanti eventi destinati a rimanere nella storia: la presa della Bastiglia, la caduta del muro di Berlino, l’uscita dell’iPhone X.
Più costoso che mai, il nuovo smartphone di Cupertino ha sbaragliato ancora una volta la concorrenza, guadagnandosi - oltre ad innumerevoli migliaia di dollari - l’attenzione di tantissimi fan. Se l’iPhone 8 non aveva convinto, infatti, non vale lo stesso per l’Iphone X, la cui uscita sul mercato ha portato all’assalto degli Apple Store.
Nel centro commerciale di Orio al Serio (BG), la coda al negozio ha iniziato a formarsi con ben 24 ore d’anticipo, portando giovani e non ad accamparsi, con tanto di sacchi a pelo, in attesa del grande momento.
E così gli store della Mela diventano la Lourdes dei fanboy Apple, pronti come sempre a non perdere nemmeno una novità della loro marca hi-tech preferita; in effetti si è trattato quasi di un pellegrinaggio, che ha visto come protagonisti compratori di tutto il mondo, che senza badare ai costi sono partiti - in auto, in treno, persino in aereo - alla ricerca del miglior punto d’acquisto.
Perché questa rincorsa all’iPhone X?
Che il cosiddetto melafonino fosse gettonato per il suo design, per le sue caratteristiche tecniche all’avanguardia e per la sua indiscussa efficienza era risaputo, ma i livelli di popolarità raggiunti dallo smartphone della Apple negli ultimi anni sono assolutamente incredibili.
La qualità è davvero l’unico motivo che spinge i consumatori a scegliere l’azienda di Jobs?
Ormai è evidente che la risposta sia no. Le strategie di marketing sono riuscite a far guadagnare ai prodotti della Mela una reputazione di tutto rispetto, che ha saputo attrarre i consumatori mostrandosi come un marchio d’eccellenza ed esclusivo, quello prescelto dai compratori più esigenti e dalle personalità elitarie della società.
Naturalmente questo ha generato una vera e propria moda, che è diventato impossibile non notare. Gli iPhone sono ovunque, sono la tendenza del momento insieme alla miriade di accessori che il mercato ha creato di conseguenza; ormai non è possibile pensare di salire in metro la mattina senza vedere l’icona a forma di mela morsa impressa sul cellulare di qualche passeggero, o di camminare per le vie della città senza sentire il famoso jingle della Apple (che nessuno di noi si azzarda a cambiare perché altrimenti chi ci sta intorno potrebbe non accorgersi che abbiamo un iPhone!)
Insomma, tutti scelgono un prodotto e ci sentiamo in dovere di sceglierlo a nostra volta. Non solo, vogliamo anche che gli altri lo sappiano.
Per quale motivo si è spinti a scegliere ciò che è scelto dagli altri?
Per comprenderlo è necessario pensare prima alla società in cui viviamo, agli standard che ci impone, alle regole e alle norme che ci detta.
“In una società del genere dobbiamo rinnegare noi stessi, rinunciando penosamente a tre quarti della nostra personalità per diventare simili agli altri” scrisse Arthur Schopenhauer nei suoi Consigli sulla Felicità.
In effetti non si può negare la tendenza dell’essere umano ad identificarsi in un gruppo, a sentirsi parte di qualcosa; in quanto animale sociale, l’uomo cerca altri individui simili ai quali ‘unirsi’, allontanandosi invece da coloro che vengono visti come diversi e che, generalmente, fanno parte di gruppi in cui l’individuo non si identifica.
A riprova di questo - e di quanto sostenuto da Schopenhauer - negli anni 70 nacque quella che la psicologia chiamò Teoria dell’identità sociale (detta anche SIT, acronimo di Social Identity Theory), che si prefisse il fine di indagare i comportamenti umani analizzando i gruppi di appartenenza degli individui e le influenze che questi erano in grado di generare.
Secondo la SIT il gruppo è il contesto nel quale l’identità sociale del singolo viene a costituirsi e questo accade in tre fasi:
1. Categorizzazione sociale
L’individuo riconosce ed organizza le caratteristiche che definiscono i vari gruppi sociali, creando delle categorie all’interno delle quali perdono di significato i caratteri individuali e vengono considerati unicamente quelli comuni ed identificativi dell’intero gruppo.
Questo processo psicologico genera così una categorizzazione sociale in cui vi è un’accentuata differenza tra gruppi ma una sostanziale intercambiabilità tra i membri dello stesso.
2. Confronto sociale
I gruppi vengono esaminati e messi a confronto, ad essi viene attribuita una sorta di valore sociale, e l’individuo si trova così di fronte ad una gerarchia delle categorie. I gruppi non solo appaiono diversi l’uno dall’altro, ma vengono comparati in modo tale da poterne determinare la qualità.
3. Identificazione sociale
L’individuo trova il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) e si discosta da quelli in cui invece non si identifica (outgroup). Necessariamente l’attenzione viene posta su quelle caratteristiche del sé comuni agli altri membri della stessa categoria, con la perdita delle qualità individuali, che passano in secondo piano.
Ambizione primaria del singolo diventa quindi la valorizzazione del proprio gruppo di appartenenza rispetto agli altri e non quella di se stesso.
Questo spiega facilmente cosa spinge i compratori a scegliere, tra tutti gli smartphone in commercio, quello che è l’emblema della moda del momento: l’approvazione sociale.
Adottando certi comportamenti, utilizzando o comprando certi prodotti cerchiamo di identificarci in un gruppo e di far sì che quello stesso gruppo ci riconosca come suoi membri; le nostre scelte sono sempre in attesa di feedback da parte degli altri appartenenti di quelle categorie di cui sentiamo di far parte.
In che modo si potrebbe eliminare questa necessità di approvazione sociale?
Probabilmente in nessun modo. La necessità per l’uomo di sentirsi parte della società implica la nascita di bisogni che agiscano da stimoli per non apparire isolati né agli occhi di se stessi né a quelli degli altri. Eliminare questa tendenza, equivarrebbe a stravolgere la natura umana, obiettivo del tutto utopico.
Non solo: pur ammettendo possa essere raggiunto un tale fine, a chi gioverebbe? Chi si impegnerebbe nel tentativo di sradicare uno dei più importanti motori del mercato, ovvero l’identificazione sociale? Probabilmente nessuno.
In conclusione, finché non cambierà - e non è detto debba accadere - la natura dell’uomo, l’identificazione di massa non potrà mai smettere di esistere, in quanto si tratta di una conseguenza necessaria dell’indole della nostra specie; l’iPhone è solo una delle tante espressioni di un fenomeno che fa parte della società umana, intesa o meno come siamo abituati ad intenderla.
In quanto esseri umani, saremo sempre disposti a rinunciare alla nostra individualità per avere in cambio il consenso sociale, ma rimane comunque curioso ed ironico allo stesso tempo il fatto che fu proprio Steve Jobs a dire: “Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore”.