Una storia lunga, anzi lunghissima, il botta e risposta tennistico tra Kim e Donald, anzi tra "Il piccolo uomo razzo" (little rocket man) e il "vecchio pazzo" (traduzione coreana in studio) stando ai vezzeggiativi reciproci. Il viaggio di Trump è difficile e facile allo stesso tempo. Abbracciare e rassicurare ed essere rassicurato dagli alleati di sempre, trovare la chiave di soluzione a un problema apparentemente insolubile.

L'escalation

L'escalation di toni e epiteti, di voli e navi, di razzi che oltrepassano le case giapponesi, sono l'aumento di una posta che rileva che in fondo i giocatori per ora bleffano e sono ancora con tutte le fish avanti.

Trump continua febbrilmente a cercare sponde scontate ma soprattutto meno scontate, come il grande convitato di pietra che è la Cina e la Russia Putiniana, entrambe refrattarie a lasciare ad una superpotenza "straniera" la soluzione di equilibri politici e territoriali orientali.

Cosa vuole Kim

La Corea incuneata come una spina tra Russia e Cina, dirimpettaia del Giappone, limitata a sud dalla Corea filoccidentale, cerca le sue "Termopoli" con l'assunto che se deve crollare la sua semi-divina dittatura familistica, allora avrà modo e tempo di innescare una delle tragedie più grandi che la Terra possa ricordare, anche limitandosi ai vicinissimi Giappone e Corea Sud. Quella di Kim non è una strategia politica nell'area, è una logica di sopravvivenza di chi è circondato da mondi (compresa la Cina) votati allo scambio commerciale, culturale, di modelli politici da cui PyongYang è lontana anni luce e non può, e quindi non vuole, adeguarsi.

Mondi comunque interlacciati, costretti al confronto continuo, che dialogano e possono sempre contare su vie d'uscita diplomatiche e unite nel Consiglio di Sicurezza ONU.

L'ambivalenza di Trump

Gli USA d'altro canto non possono tollerare nella loro scacchiera globale un paese armato fino ai denti ma con cui non c'è dialogo, e potrebbe usare la minaccia per un escalation di richieste che invertirebbero le sanzioni e ricatterebbero il mondo intero.

La carta dell'eliminazione fisica di Kim e con lui del regime è sempre viva, come lo è stata verso altri dittatori o comunque regimi non allineati, come Cuba. Ecco perchè, con notevole stonatura nei suoi discorsi muscolari e volitivi, Trump si apre improvvisamente alla possibilità di sedersi in un tavolo di crisi nientemeno col piccolo uomo razzo o cerca insistentemente la sponda Russa e Cinesi con cui da tempo si spartisce il globo in termini di influenze politiche, in una sorta di pace armata (o guerra tiepida).

Le grandi "incluse"

Paese formalmente "amico", la Cina avrebbe la facoltà di strozzare definitivamente (come Trump chiede) l'economia stremata della Corea producendo un collasso totale, ma che, ugualmente all'opzione militare, non lascerebbe al "Leonida" Kim già certo di una sorte segnata, che un suicidio di mostruosa portata letale. La Russia sta al balcone, sapendo che ormai negli equilibri globali nessuno può fare a meno di lei, men che meno nell'estremo oriente su cui anche la Russia si stende oltre e a confinare con Kim.

Le soluzioni (im)possibili

Insomma, tirando le somme, Trump ancora si accredita o tenta di accreditarsi come poliziotto globale del pianeta, secondo l'immaginario "storico" collettivo a partire dalla seconda guerra mondiale, e che neanche Obama ha demolito, anzi.

Ma nella realtà il mondo è molto cambiato, e l'ordine politico del Pianeta lo deve spartire con altri protagonisti, e Trump lo sa bene: l'opzione militare che tanto minaccia è improbabile senza accordo, anzi, impossibile.