Erano le 20:00 di una serata come tante di fine aprile dell’anno 1995 e tutti seguivamo come sempre alla Tv le vicissitudini della Juventus e delle altre protagoniste del campionato, ma quella volta nessuna buona notizia, nessuna partita vinta, solo un fulmine a ciel sereno colpì il cuore di ogni tifoso e appassionato.
Un breve comunicato: 'Andrea Fortunato si è spento a Perugia a causa di complicazioni polmonari, aveva 24 anni'; una sensazione d’impotenza mista a dolore sincero pervase il pubblico sintonizzato, Andrea non ce l’aveva fatta, aveva perso la sua partita più importante, quella contro un male incurabile che da un anno lo attanagliava, una leucemia linfatica acuta che però sembrava essere in stato di regressione dopo diversi trapianti.
A stroncarlo infatti nel fiore degli anni non fu solamente quella terribile malattia, ma una complicazione polmonare arrivata inesorabilmente su un fisico già debilitato dalle precedenti e innumerevoli cure.
Storia di un campione speciale
Era un campione in erba, una promessa del calcio italiano, la Juventus aveva scommesso tanto su di lui, su quel giovane terzino salernitano dalle grandi potenzialità ed in effetti sin da subito Andrea Fortunato fece valere le sue indiscutibili qualità, sulla fascia trottava come nessuno, era davvero irresistibile, fu da tutti definito 'il nuovo Cabrini', ma un giorno la sua corsa comincio ad essere più lenta, e nessuno riusciva a capire il perché.
Qualche tifoso cominciò anche ad inveire contro di lui a causa delle sue prime prestazioni non troppo esaltanti, ma a volte si parla senza conoscere appieno la realtà dei fatti.
Una gara di solidarietà
Una febbre apparentemente insignificante, nella primavera del 1994, fu il primo sintomo di qualcosa in verità più grave, dopo i primi accertamenti toccò proprio ai sanitari bianconeri dare ad Andrea la più brutta delle notizie, ma lui da subito non si diede per vinto, iniziò la sua lotta a testa alta e con la forza dei suoi vent’anni cominciò a combattere, fermamente convinto di farcela grazie all’aiuto divino e della medicina e dei suoi compagni di squadra che non lo lasciarono solo nemmeno per un attimo.
Fabrizio Ravanelli accolse senza esitazione nella sua casa di Perugia i familiari di Andrea per consentire loro di stargli il più vicino possibile nel corso delle cure che stava sostenendo nel capoluogo umbro e come lui tanti altri bianconeri si adoperarono in favore del loro compagno di squadra, ma la morte è più forte di tutto, più dell’umana pietà, più della solidarietà e dell’affetto e all'improvviso arriva a travolgere tutto, senza sconti, senza un briciolo di compassione.
L'illusione e poi la morte
Andrea per un momento sembrò avercela fatta: il 26 febbraio del 1995 fu una gioia immensa per tutti rivederlo dopo tanto tempo in tribuna a Marassi a tifare Juventus come sempre, ma era solamente un’effimera illusione; fu così che in un batter d'occhio e senza il minimo preavviso arrivò purtroppo quella sera d’aprile a funestare ogni residua speranza, a mortificare completamente gli animi di tutti per la perdita di un ragazzo che aveva ancora tanto da dare alla vita ed al calcio stesso.
Nessuno potrà mai dimenticare le parole di Gianluca Vialli il giorno del funerale su quell’altare del duomo di Salerno, stracolmo di gente comune e non comune, accanto a quella bara coperta di sciarpe bianconere: 'ti abbiamo voluto bene, ti portiamo nel cuore, onore a te, fratello Andrea Fortunato'.
Una dedica corale
Al termine di quella stagione la Juventus vinse lo scudetto dopo nove anni di digiuno, era il primo della fortunata era - Lippi e sarebbe stato il primo anche per Andrea, strappato anzitempo alle gioie dello sport e della vita. Dal cielo avrà festeggiato anche lui, dal campo la dedica del titolo è stata corale a quell'angelo volato via, a quella promessa, purtroppo rimasta solo tale.