Se c'è una cosa cosa che, in questi ultimi anni, mantiene sempre viva la ferale attenzione dello spettatore-esploratore medio è una certa schizofrenia delle aspettative. Parafrasando il film "Private Parts" sulla tolleranza dell'ascoltatore medio di Howard Stern, ciò che il pubblico massificato è portato a fare è: "Vedere cosa farà dopo". Accade in politica, con quella costante, altalenante e spesso ossessiva copertura mediatica, su qualsiasi cosa il politico di riferimento sta per dire; per aspettarsi la frase culto da poter criticare o condannare.

Questo è probabilmente uno dei "motori immobili" che determinano la sopravvivenza dei Reality Show. Questo calderone, in tutte le salse che, dalle isole caraibiche ai palchi musicali, fino alla casa più spiata del paese, trova sempre il mondo di rigenerarsi dalle sue ipotetiche ceneri. A nulla valgono gli appelli di esperti e operatori culturali di vario genere, a ridimensionare la portata sociale del fenomeno; a nulla valgono le polemiche che, raggiungendo le case italiani, alimentano un vivace incontro/scontro più gustoso dello stesso "desinare".

La realtà aumentata dell'osservatore

Il concetto di realtà aumentata, spiata e controllata, muove la sua ragione direttamente dallo stesso istinto umano.

Per questo Il Grande Fratello mantiene profondamente inalterata la sua ragion d'essere. E' di poche ore fa la notizia che, in quest'ultima e molto discussa edizione, molti sponsor stiano facendo dietro front per ritirarsi, di buona lena, dal ruolo di partner e product placement del format di Mediaset. La ragione starebbe, secondo gli stessi, nella deriva "immorale" di un programma che porta in scena personaggi al limite della decenza e della mediocrità intellettuale, promuovendo al contempo: bullismo, violenza, omofobia, ignoranza e volgarità.

Può sembrare una scelta consapevole che un brand famoso non voglia rischiare di compromettere la propria immagine, affiancandola al cosiddetto trash all'italiana; del resto i casi in cui una pubblicità ha sollevato pesanti polemiche, abbondano nel mondo.

Quello che forse molti potrebbero chiedere agli stessi sponsor, con tutta semplicità è: "Ma ve ne siete accorti ora?".

Il fenomeno Grande Fratello nasce come un puro esperimento di carattere socio-antropologico: ovvero dieci perfetti sconosciuti, messi a vivere sotto lo stesso per un periodo di tempo. La funzione sociale ha dei risvolti importanti: mettere alla prova gli stessi partecipanti, stimolandoli al confronto e al proprio spirito di adattamento. Questo insieme si è poi allargato fuori da un contesto casalingo, per trasferirsi in fattorie, centri benessere e la più famosa e duratura Isola dei Famosi.

Un altro aspetto importante è proprio il rapporto con lo spettatore: quell'occhio "integerrimo" che osserva, analizza e giudica, perché ha la possibilità di fare quello, che in un contesto pubblico non potrebbe fare; ovvero spiare.

L'arte visiva del '900, dal cinema alla fotografia, ha sempre sfruttato l'introspezione e il voyeurismo istintuale dell'essere umano e il Reality, non ha fatto altro che dare questa grande opportunità.

Il vero problema di programmi come Grande Fratello, è di non aver compreso come non superare il limite; essi hanno dimostrato (e non sono i soli), che in virtù della visibilità e del profitto acefalo, è possibile andare oltre l'umana decenza; oltre l'ignoranza a due fasi; oltre il rispetto fra le persone. Ma questo sappiamo bene che accade perché è il pubblico a chiederlo; è il pubblico che "vuol vedere quello che dirà dopo". Il reality si è spinto verso una necessità scandalistica oltre misura, per il solo gusto di far smuovere la pancia e non più gli animi: Abbiamo tentato l'esperimento e abbiamo fallito!

Questo dovrebbero dire gli autori e i produttori del programma, con molta umiltà. Non si aiuta l'integrazione, mettendo un militante estremista con un gay nero e sessista; non si aiuta la meritocrazia mostrando i tatuaggi del compagno di una ex deputata; non si aiutano i più giovani, mostrando dei trenta/quarantenni, spiati mentre ciondolano da un divano all'altro, parlando del "vuoto cosmico".

Non c'è un vero responsabile, perché ogni ambito ne ha uno in particolare; nella musica vi sono i Talent Show, nella vita il Grande Fratello. Però spesso è capitato che grandi marchi abbiano usato degli spot molto estremi, con l'intento di scioccare il singolo su quello che prima non osava fare. In tutto questo quindi vi è una forte contraddizione; una delle tante in questo contenitore dell'intrattenimento.

Ci si scandalizza dell'omofobia e del razzismo, solo ora che gli stessi media lo impongono, come se Apartheid e segregazione, fossero solo polverose pagine di storia. CI si scandalizza se uno di questi bestemmia, mentre un intercalare semantico a colpi di rutti e fantasia, non offendono nessuno; almeno in altri contesti molti di loro venivano ripresi durante il coito, attirando ancora di più l'attenzione. Ciò che ancora, come società fatichiamo ad accettare è che, il disagio e volgarità intellettuale che vediamo costantemente sbattuta sullo schermo, torna a riflettersi sui nostri languidi e avidi occhi da "esploratore"; forse sdoganare il *orno in prima serata non sarebbe più neanche uno scandalo, perché i nostri ragazzi sono abituati a sentire, guardare di peggio.