Greta è arrivata in Italia, accolta dagli onori che solitamente si riservano a uomini e donne degne di eloquio, stima e rispetto oltre il tempo e lo spazio. Il merito della piccola Greta, dall'alto della sua innocenza adolescenziale, è quello di aver riportato in auge un tema divenuto negli anni sempre meno importante perché, si sa, noi umani abbiamo tendenzialmente il vizio di pensare che, sotto sotto, ci sia sempre ampio margine di manovra per fare ciò che vogliamo fare.
Magari, chiudendo un occhio e mezzo sui sin troppo evidenti effetti collaterali che il nostro agire può comportare.
Della serie "mors tua vita mea" in versione full HD, senza nemmeno così tanti strascichi morali o mal pensieri di coscienza. Torniamo al punto: Greta è arrivata in Italia. E, in questi giorni, chi non ha condiviso uno dei tanti post con la trecciuta ragazzina, è stato tacciato di insensibilità, d'esser fonte del male assoluto e braccio destro delle lobby che inquinano e distruggono il mondo. Insomma, la volontà popolare ci dice: "Greta è brava, Greta è buona! Se non credi in Greta e nei ragazzini che vogliono salvarci, sei pessimo!"
È difficile crederci
È difficile crederci, signori miei.
Perché al solito "manca qualcosa nel qualcosa". Ma cos'è che avrebbe meno questo bellissimo movimento che parte da adolescenti interessati al proprio futuro? La coerenza, signori. Perché, se un pluriomicida ci parlasse del rispetto della vita, noi probabilmente cercheremmo di farlo rinchiudere. Perché, se un politico medio ci parlasse di onestà, abnegazione verso la comunità e rispetto dell'etica professionale, noi lo faremmo rinchiudere dopo averlo ovviamente votato (e li, sostanzialmente, saremmo noi a dover propendere per la nostra inclusione in una struttura d'igiene mentale).
Ma quando dei ragazzini vorrebbero insegnarci cos'è il rispetto dell'Ambiente mentre fanno dirette sui Social (i quali sono fra le primissime sorgenti di inquinamento al mondo), con i propri cellulari hi-tech (composti di quel Coltan che colora di rosso le strade dissestate del Congo, devastandone anche il territorio), mentre bivaccano in uno dei tanti fast food (fra i primi che sfruttano il pianeta come un enorme allevamento intensivo), magari con uno spinello (fatto di quella robetta che decima popolazioni e impoverisce la terra del terzo e del quarto mondo) e con le membra coperte di vestiario multi-sovra-nazionale "no global" (figlio della schiavitù di territori e persone), è naturale che il punto da sostenere vada irrimediabilmente perso e con esso la credibilità dell'intera protesta strutturata.
Una generalizzazione estrema? Può darsi. Ma è così dannatamente verosimile, visto che da "ragazzi" ognuno di noi ha partecipato ad una manifestazione ed ognuno di noi ne ha respirato quella stimolante aria da pressapochismo assoluto, all'interno di enormi greggi variopinti che seguivano l'unico pastore dotato di megafono. Un movimento, seppur possa aver una buona dose di ragione, dev'esser credibile. Altrimenti, è la solita fuffa verosimile, di moda anche se ipocrita. Insomma, è il solito partito politico.
Causa giusta, persone sbagliate
Qualcuno dirà "Ma non c'entra! La causa è giusta, vera ed è un problema reale". In questo senso, al di là di facili allarmismi, nessuno può metter davvero bocca sulla questione, se non chi se ne occupa per mestiere e chi studia e ricerca in tal senso.
E, che iddio ci fulmini, il problema è reale: il cambiamento climatico esiste e la gravità della situazione è opinione consolidata della stragrande maggioranza della comunità scientifica. L'Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo delle Nazioni Unite che tratta questa materia, è perentorio: tra il 2030 e il 2052, l’aumento della temperatura media globale della Terra supererà 1,5 °C, il limite massimo oltre cui il riscaldamento globale non potrà più esser contenuto.
Ma se il problema è serio perché quindi dovrei agire supportando un moto ondivago di un nutritissimo gruppo di adolescenti, all'apparenza interessanti all'argomento ma che dimostrano un disinteresse concreto nei fatti ed una totale inadeguatezza nell'essere effige del cambiamento?
Quanti di loro avranno preso e riciclato il proprio cellulare, per iniziare a fare concretamente qualcosa? Quanti di loro avranno smesso di acquistare "artifizi stupefacenti", abiti firmati e hamburger? Sicuramente, una percentuale prossima allo zero.
Oltre ad alcuni sospetti di messinscena e a j'accuse di manipolazione veri o presunti, tutte pietanze d'ordinanza nel classico menù rivoluzionario che ottiene un grande risalto mediatico, la stessa Greta, attivissima sui social tramite smartphone, sembra non aver di fatto compreso la portata del problema, nei fatti. Perché quindi dovrei credere che il movimento sia la spontanea iniziativa di giovani uomini che hanno a cuore il destino del pianeta?
Perché dovrei "fidarmi" di loro, se è così evidente la loro scarsa fiducia nell'ideale per cui sembrano voler "morire"? Parliamoci chiaramente, non v'è nessun motivo. Adolescenza e coerenza vanno d'accordo come Salvini ed un pasto consumato senza la vicinanza di un obiettivo fotografico.
Una moda che esplode, poi muore
Qual è dunque il punto? Semplice, è l'ennesima moda del momento, signori miei. Greta porta "visualizzazioni", quindi chiunque fa a gara per farsi ritrarre con lei. Una "golden girl", di nome e di fatto. Una moda destinata a sparire come le proteste cicliche per le riforme della scuola, dove migliaia di ragazzini sciamano per strada chi alla ricerca di un po' di notorietà, chi per ammazzare il tempo, chi per saltare un giorno di scuola.
Oppure per una non meglio precisata "pace nel mondo" o il leggendario Darfur, rappresentanti iconici di quei gravi problemi della società che in fondo, non conosciamo poi così bene né importano più di tanto a nessuno dei cittadini del privilegiato occidente.
Perché, c'è un lavoro a cui tornare, un esame da dare, una bolletta da pagare, un talent da non perdere. E perché, chi ha interesse nel riformare in peggio la scuola, nell'innescare guerre continue e nello sfruttare l'ambiente con motivazioni sempre più risibili, lo fa per soldi ed interessi. E i soldi e gli interessi sono alla base di tutto e non si fermano dinanzi a niente, soprattutto se si tratta di moti di protesta adolescenziali contaminati già in superficie.
Dov'è finito Simone, dov'è finito Rami? Ve lo dico io: dopo qualche maglietta venduta, post condiviso e articolo di giornale cliccato, a prender polvere in qualche cantina.
Il mondo è mutato ed è un enorme palcoscenico dove si è sempre in onda ma non è importante cosa si faccia: basta esser online, mostrar qualche centimentro di pelle in più, abbandonarsi a piagnistei o boccacce, sparare negazionismi o destreggiarsi in argomenti complicati con un italiano appena abbozzato. Quindi, è difficile credere in questo novello movimento adolescenziale. È difficile credere che i ragazzini che ne fanno parte abbiano davvero a cuore la faccenda. Èdifficile credere che sappiano davvero cosa stiano facendo.
E, con ottima probabilità, nessuno d'essi salverà il mondo, perché nessuno d'essi ha realmente voglia di impegnarsi nel farlo: impegno significa abbracciare dogmaticamente e fare voto di rinuncia nei confronti di tutte le certezze, le comodità e gli status symbol che abbiamo imboccato loro a forza e da cui, ora, sono dipendenti e irrimediabilmente plagiati. L'approvazione popolare, la visibilità, l'ostentazione, l'esser sempre online per mostrare d'esistere: nulla di tutto ciò è ottenibile senza sacrificare qualcosa, oltre se stessi. Quindi, chi salverà il mondo? Probabilmente nessuno. E sicuramente non un ammasso di ragazzini in diretta su Facebook.