I tempi per un accordo sono ormai strettissimi, domani 5 giugno, la Grecia dovrebbe pagare una trance di 300 milioni di euro al FMI e altri 338 milioni di euro ne dovrà sborsare il 12. Se non ci sarà accordo oggi, il dramma sarà inevitabile. Alexis Tsipras si gioca tutto in queste poche ore e, inoltre, sarà costretto a lasciare indietro molte delle "linee rosse" delineate dalla sua maggioranza per il bene di un accordo che eviti al Paese una crisi politica di portata inimmaginabile.

La Grecia ha di fronte a sé molti brutti numeri. Il PIL è sceso del 25% negli ultimi cinque anni, nonostante i salvataggi, la disoccupazione è al 25% mentre l'economia, che sembrava in recupero l'anno scorso, si è fermata anche a causa dalle incertezze create in questo periodo di trattativa altalenante. Inoltre, le entrate fiscali sono in pericolosa caduta e le banche elleniche soffrono, anche in questi giorni, la fuga dei depositi per i timori del default o, in caso di accordo con la UE, di maggiori tassazioni che sicuramente colpirebbero i ceti alti.

Atene non ha ricevuto un solo euro di aiuti europei e del FMI da quasi un anno, gli aiuti per 7,2 miliardi di euro promessi, ma disponibili solo in caso di accordo, sarebbero una boccata d'ossigeno per la Grecia che avrebbe il tempo necessario per attuare quelle riforme necessarie alla ripresa del paese.

Anche in quel caso, però, molte banche elleniche rischierebbero il fallimento comunque, essendo necessaria una loro ricapitalizzazione per 10,9 miliardi di euro. Tsipras, caso mai dovesse essere raggiunto l'accordo, dovrà scegliere se salvare le banche o investire il denaro ricevuto per questioni sociali, cioè aiutare il popolo a uscire dal dramma della povertà.

Il problema è che queste condizioni, in cambio degli aiuti, non saranno comunque soluzioni facili da vendere, prima di tutto per lo stesso Tsipras il quale, un minuto dopo e a sua volta, dovrà convincere i Greci e il suo stesso partito Syriza. Il governo Tsipras dovrà attuare riforme incredibilmente dure e spiacevoli dal punto di vista politico e sociale.

Dovrà intraprendere la strada per addivenire a una nuova riforma del lavoro, affrontare le posizioni in materia di IVA, prevedere aumenti dell'energia elettrica, mettere mano pesantemente sulle pensioni, bloccare gli aumenti salariali degli statali e tante altre cose che in campagna elettorale Tsipras e i suoi seguaci si erano impegnati a non fare, anche a costo di rischiare il default.

Con questa offerta sul tavolo, o è meglio dire ultimatum, Tsipras non avrà vita facile in Patria. I sondaggi mostrano una realtà nazionale spaccata a metà fra chi vuole un accordo e chi non lo vuole affatto. Ma Tsipras è il leader di un partito che non accetterà mai le imposizioni e/o gli ultimatum europei e se il primo ministro firmerà queste condizioni, avrà enormi problemi interni con la fazione guidata dal Ministro Panayotis Lafazanis.

Syriza, in questo momento, appare come un vulcano sul punto di eruttare. La proposta di accordo, sempre se si riuscirà a concludere, dovrà poi essere approvato per mezzo di un decreto legge che andrà votato dal governo, cioè quello stesso governo che registra oggi più di qualche mal di pancia dei propri ministri. La cosa aprirebbe una diaspora interna che costringerebbe Tsipras a cercare nuove alleanze, sempre se riuscirà a trovarle. Per cui, accordo o meno, la situazione greca è tutt'altro che rosea.