Difeso prima, silurato poi. Non è molto chiaro lo strano caso di Ignazio Marino. Una storia degna della miglior penna di romanzi thriller; una storia indegna, principalmente, per la città capitolina, per il Partito Democratico e per l'Italia intera. Il 12 Ottobre erano arrivate le dimissioni, ritirate ieri. La posizione di chiusura da parte dei vertici del suo partito hanno forse spinto Marino ad arrivare al muro contro muro.
Nel gelo totale e soprattutto nel silenzio assordante, la posizione di Renzi è riassumibile con Lucio Dalla: "telefona tra vent'anni, io adesso non so cosa dirti amore, non so risponderti e non ho voglia di capirti". Il Segretario del Pd evidentemente aveva poco voglia di immischiarsi nelle vicende del PD romano.
Ricostruiamo i fatti
Marino, e la sua Giunta, avevano subìto lo scossone di Mafia Capitale lo scorso Dicembre. La cupola di Buzzi e Carminati aveva creato la zona d'azione nel famoso "mondo di mezzo", come è stato definito dagli inquirenti, per descrivere un'area di confine tra i due diversi "mondi", quello legale e quello illegale, in grado di garantire le relazioni funzionali al conseguimento degli interessi dell'organizzazione.
"Non lasceremo Roma in mano ai ladri" queste le parole durissime del Premier in una conferenza stampa dell'8 Dicembre 2014. Faceva eco Orfini "saremo durissimi, cercheremo chi ha sbagliato, sentiremo uno per uno i nostri iscritti, riusciremo a stroncare la cancrena correntizia che ha ridotto così il partito di Roma". Quanto a sostituire i dimissionari, "lo deciderà il sindaco di Roma, la rotazione spetta a lui senza che i partiti si immischino", confermando che da parte del PD c'era piena fiducia in Marino.
Seconda ondata di arresti
"Da qualche giorno stiamo costantemente discutendo del futuro dell'amministrazione di Roma" ha affermato Renzi a Porta a Porta dello scorso 16 Giugno, sottolineando che Ignazio Marino è una persona perbene riconosciuta da tutti.
"Chi ruba è un ladro, chi non ruba è onesto, ma chi è onesto deve essere anche capace". Il problema, quindi, sembrava legato alla capacità politica di governare. Ma chi può stabilire questo. I sondaggi? Gli umori del premier Matteo Renzi? Marino di sicuro non ha governato bene, e ha anche ereditato i disastri di decenni di politica pasticciona, ed in alcuni casi anche corrotta, che ha avuto il potere a Roma.
Ieri
"Abbiamo ripristinato legalità e trasparenza – spiegava il Sindaco alla presidente del consiglio Comunale Valeria Baglio. Esprimerò la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare. Ritengo che ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l’aula, un consiglio comunale e io sono pronto a confrontarmi con la mia maggioranza per illustrare quanto fatto: le cose positive, gli errori e la visione per il futuro”.
Così, ieri metteva fine ad ogni possibilità di dimettersi. La risposta del PD è arrivata immediata, per bocca del suo Presidente Orfini che ha invitato i consiglieri Pd di rimettere il mandato in modo da far decadere l’Assemblea capitolina e quindi il primo cittadino.
Una storia finita male
Tra notai e carte bollate, come nei peggiori matrimoni. In queste ore, infatti, i 25 consiglieri che metteranno la parola fine, alla sindacatura di Marino, stanno firmando davanti ad un notaio le dimissioni; mentre ancora stamane Marino affermava “Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato”, citando il presidente del Cile Salvator Allende durante la cerimonia di intitolazione del parco di Tor Vergata al Presidente assassinato l’11 settembre 1973.
Intanto, per non farci mancare niente, stamane c'è stato un nuovo arresto legato al filone d'inchiesta Mafia Capitale. Clelia Logorelli, dirigente preposto al Settore verde di Eur Spa, é finita ai domiciliari con l'accusa di corruzione.