Matteo Renzi è (ancora) il nuovo segretario del partito Democratico. I due terzi dei partecipanti alle primarie l’hanno scelto come segretario, consegnandogli anche il pass per la corsa alla Presidenza del Consiglio. I votanti sono stati circa due milioni.

Così ha deciso il popolo del centro sinistra. Tuttavia, il risultato era scontato. Infatti, il congresso dei circoli, il 26 Marzo scorso, aveva già annunciato l’esito delle primarie 2017.

In quell’occasione, l’ex premier aveva conquistato il 68% delle preferenze. Al secondo posto si era classificato Andrea Orlando, che aveva convinto il 25% dei votanti, mentre la rimanenza era toccata a Michele Emiliano.

Numeri e Strategie: le due condizioni per la leadership

La rilevanza quantitativa dei consensi, utile a legittimare la leadership, è da sempre un elemento fondamentale in ogni occasione di voto. Lo è stato per Renzi che - dopo la vittoria di Marzo - ha parlato di “verità dei numeri”, ma lo è stato anche per i suoi sfidanti che hanno tentato di spostare il focus altrove, dopo aver sentito l’imminente odore della sconfitta.

Infatti, sia Emiliano che Orlando hanno segnato la preminenza della correttezza, e della trasparenza, delle procedure di voto sul risultato. Nonostante ciò, le cifre hanno continuato ad accompagnare il percorso politico interno ai dem, fino al 30 Aprile. La ragione è semplice. In un momento storico nel quale l’astensionismo sembra il solo soggetto a crescere nel tempo, riflettendo la sfiducia dei cittadini verso la Politica e i suoi attori, il tema della partecipazione è diventato sempre più rilevante. Infatti, anche se in una democrazia è la maggioranza a incidere di più sul sistema politico, rispetto alle minoranze presenti, è pur vero che la sua forza è comunque proporzionata, oltre che spiegata e giustificata, al rapporto tra votanti effettivi e potenziali.

L’ex sindaco di Firenze ne era consapevole, così come sapeva bene che le previsioni d’affluenza alle “urne piddine” -in quest’edizione- erano al ribasso rispetto a quelle del 2013. Per questo Renzi ha giocato d’anticipo, definendo, nel discorso pubblico, la soglia minima di partecipazione del “risultato legittimo”: un milione. Il neo segretario sapeva che le primarie, nonostante la fuoriuscita di Bersani e la sconfitta al referendum costituzionale, avrebbero registrato comunque un’affluenza superiore a tale cifra. Ergo, la vittoria di Renzi non è dipesa soltanto dalla sua abilità comunicativa. Non è stata solo espressione di un consenso acquisito con gli anni e testimoniato da quel 40% di votanti che, lo scorso Dicembre, hanno sostenuto il “sì”.

La vittoria di Matteo è anche frutto di una strategia politica efficace, derivante dalla sua abilità nell’analizzare l’oggi e di prevedere i possibili scenari del domani. La breve assenza dalla scena pubblica, oltre a bloccarne l’emorragia di credibilità, ha permesso all’ex premier di riprendere fiato, di recuperare le forze e rimettersi in pista.

Cambierà qualcosa? Renzi è già pronto per il Governo?

La marcia di Renzi alla conquista di Palazzo Chigi non inizia oggi, ma è già cominciata qualche giorno fa. Quando egli, nel confronto televisivo per le primarie-andato in onda su Sky, non ha escluso l’ipotesi di un’alleanza con Berlusconi, nel caso in cui gli italiani siano chiamati a eleggere i propri rappresentati in Parlamento e non ci siano, come solito, le condizioni di governabilità.

Se da un lato, con questa dichiarazione, Matteo sembrava aver mostrato il fianco, a Emiliano e Orlando, dall’altro ciò gli ha permesso, ancora una volta, di giocare d’anticipo. Il neo segretario spera di catalizzare consensi alle elezioni nazionali, ricompattando l’elettorato di centro-sinistra, attraverso un’ipotetica alleanza con il Cavaliere. L’effetto desiderato è quello del vaccino: rafforzare il sistema immunitario, simulando l’ingresso di un patogeno. D’altra parte, nel caso in cui quest’alleanza fosse inevitabile, per ragioni di stabilità di governo, il padre del Jobs Act potrebbe sempre dire: “io ve l’avevo detto”! E questo fare paternalistico, nonostante possa essere percepito dai più come orticante, non potrebbe macchiare più di tanto la fedina politica del giovane fiorentino.

Insomma, l’azione non è stata un azzardo, ma una mossa premeditata. Ergo, Renzi sapeva già di avere la vittoria in mano alle primarie e già tesseva le trame per vincere la vera guerra: le elezioni nazionali. Tuttavia, la storia insegna che la partita politica, proprio come un match calcistico, può riservare sorprese.

Dunque: riuscirà il neo segretario a tornare a palazzo Chigi? Il governo Gentiloni sopravvivrà a questa novità? Con quale legge elettorale si andrà a riformare il sistema parlamentare italiano? Comunque vadano le cose, Renzi avrà di nuovo un ruolo da protagonista.