Oggi, migliaia di lavoratori, pensionati e semplici cittadini - provenienti da tutta Italia - si sono ritrovati a Roma. Tutti loro hanno risposto alla chiamata della CGIL, occupando le strade della Capitale con striscioni e fischietti. Due cortei sono partiti simultaneamente, uno da Piazza della Repubblica e l’altro da Ostiense, per fondersi a Piazza San Giovanni. Qui, davanti alla basilica, hanno avuto luogo gli interventi dal palco.
Susanna Camusso, segretario nazionale del sindacato, ha parlato di lavoro, referendum, responsabilità, istituzioni e associazioni.
Questi temi, ha spiegato la Camusso, si saldano l’uno all’altro all’interno del discorso democratico che, per sua natura, non può escludere le parti sociali. “rispetto” è l’altra parola chiave della rimostranza.
Quali sono le ragioni alla base della mobilitazione?
La protesta nasce dal ritorno dei voucher. Il 27 Maggio scorso alla Camera, in commissione Bilancio, alcuni emendamenti sono stati inseriti nella manovra economica correttiva, reintroducendo -di fatto- i ticket lavoro. Tutto si è svolto in tempi da record. Infatti, questi tre nuovi punti sono stati approvati a distanza di 48 ore dalla loro presentazione. L’esecutivo ha giustificato la rapidità dell’azione sostenendo il carattere d’urgenza della manovra.
Sarebbe quindi l’impellenza del provvedimento a motivare la mancata discussione con le rappresentanze sindacali, per riformare l’apparato normativo che tutela lavoro e lavoratori.
Tuttavia, c’è un’incoerenza di fondo della classe politica: perché cancellare i voucher con un decreto, ma a distanza di 30 giorni ritornare sui propri passi?
Questa è la domanda che i membri attivi della prima confederazione italiana - e non solo - si sono posti, e la risposta che si sono dati è stata immediata. Dal loro punto di vista, il Governo - con il benestare delle opposizioni - ha simulato un cambio di rotta sul tema del precariato per evitare che il referendum -proposto dalla stessa organizzazione che oggi sfila a Roma - non avesse luogo.
La CGIL afferma che non solo i lavoratori sono stati presi in giro, ma che questo modo di operare della classe dirigente è un vero e proprio schiaffo alla Democrazia del paese. Dunque, ecco spiegato lo slogan e il perché della manifestazione.
Si tratta solo di occupazione?
Per coloro che oggi hanno deciso di scendere in piazza non si tratta solo di protestare contro scelte che non danno il giusto valore, economico e sociale, a chi, con il proprio capitale intellettuale, produce ricchezza. Il tema centrale si sostanzia nel rispetto dei meccanismi, previsti dall’ordinamento giuridico italiano, che garantiscono la sovranità popolare.
I manifestanti vedono nel dietrofront politico sui voucher una strategia intenzionale: impedire la partecipazione attiva dei singoli, e delle associazioni, al processo normativo - tramite il referendum - come invece stabilisce la Costituzione.
In particolare, i padri fondatori della Repubblica, con l’articolo 75, hanno voluto dare la possibilità ai cittadini di fare pressione sulla rappresentanza, nei casi in cui essa avesse attuato delle scelte distanti - o addirittura opposte - a quelle volute dal corpo elettorale.
C’è da chiedersi: cosa rimane della democrazia se si rifiuta il confronto, il dialogo, ma anche la discussione accesa? E ancora: cosa succede se si attuano tattiche che impediscono l’esercizio dei diritti fondamentali, come quello di un lavoro stabile e dignitoso e quello della libertà di espressione e partecipazione alla vita pubblica?