Si tratta della prima operazione di questo tipo effettuata in Europa (la prima in assoluto è stata eseguita in Australia): il trapianto di un cuore "già fermo" espiantato da un cadavere. L'intervento è stato portato a termine al Papworth Hospital nel Cambridgeshire, su un paziente di 60 anni.
Il successo di questa operazione ha ottenuto vasta eco in Gran Bretagna, poiché fino ad oggi era stato possibile impiantare cuori ancora in funzione prelevati da donatori di cui era stata dichiarata la morte celebrale.
L'espianto da cadavere in precedenza era infatti lecito solo per alcuni organi, come il fegato o i reni.
Il "segreto" di questo trapianto sta nell'utilizzo di una speciale tecnica, che si avvale di una "pompa" in grado di "rimettere in moto" il cuore 5 minuti dopo la morte, alimentandolo con sangue e mantenendolo a una temperatura ottimale. Stephen Large, il chirurgo che ha eseguito questa operazione, ne ha successivamente illustrato i dettagli: "abbiamo tenuto monitorato il cuore per i successivi 50 minuti". A seguito del monitoraggio, l'equipe medica ha potuto constatare che il cuore era in ottime condizioni.
Il successo del trapianto viene confermato dal paziente stesso, che ha ricevuto in dono il nuovo organo: Huseyin Ulucan, sessantenne residente a Londra che nel 2008 aveva subito un attacco di cuore, dichiara infatti "di sentirsi più forte ogni giorno". Prima del trapianto, invece, come lui stesso ammette, "riuscivo a malapena a camminare".
Le implicazioni di questa nuova procedura per il trapianto di cuore sono state immediatamente messe in evidenza dallo stesso Large che si augura di poter "aumentare in maniera significativa il numero totale di trapianti di cuore", salvando così un numero maggiore di vite.
In Italia potrebbe essere impossibile sfruttare i vantaggi messi a disposizione da questa tecnica, stando a quanto afferma Ignazio Marino (attualmente sindaco di Roma, ma anche chirurgo specializzato in trapianti).
La legge italiana, infatti, richiede 20 minuti di arresto cardiaco prima di poter intervenire per la donazione (al contrario di altri Paesi come Inghilterra e Stati Uniti, dove i minuti richiesti sono 5). Di conseguenza, afferma Marino, se rimane questo tetto "in Italia non avremo mai la possibilità di utilizzare gli organi, perché i tessuti saranno già danneggiati".