C'era una volta un porto, spazzato dal vento e brulicante di marinai e bastimenti in partenza per le colonie olandesi in Asia e nelle Americhe. Navi in legno massiccio pronte a solcare oceani e i mari del nord Europa, sprezzanti di tempeste e burrasche. C'è oggi Rotterdam, città narrante di commerci della Compagnia delle Indie tra XVII e XVIII secolo, e le migliaia di racconti che quotidianamente prendono vita, fatti di inventiva, senso pratico e forte senso comunitario.
Un porto disteso lungo il Nieuwe Maas, canale che allunga la città fino al mare del Nord, con le distese dei depositi targati Royal Dutch Shell e le ciclopiche navi container e chiatte. Ma non solo.
Un aggettivo ben si associa alla città: perenne. Perenne movimento nell'area portuale, perenne corsa in bicicletta di colletti bianchi verso i grattacieli delle multinazionali e dei colossi bancari olandesi. Perenne sferragliare di tram, scie schiumose di navi, e lo stridere della metropolitana. Non manca neppure il perenne traffico autostradale, svincoli occupati da perfette code di automobili, sopra e sotto la città, grazie ai tunnel costruiti.
Non si esagera nel dire che Rotterdam corre, insieme ai suoi abitanti e ai pendolari che ogni giorno approdano alla stazione centrale. Corrono anche i cantieri, ardite opere di riqualificazione e smania del nuovo.
Bombardata nel corso del secondo conflitto mondiale, la città divenne un esperimento architettonico. Grattacieli, vetrate chilometriche, stazioni ferroviarie sopraelevate, tunnel pedonali e ciclabili per attraversare il fiume, viadotti e complessi residenziali quasi schizofrenici nelle loro forme. Lungo il Maas, nella zona denominata Blaak, svetta il cosiddetto "matitone", edificio uscito da un astuccio di scuola, e sbucano le Kubuswoningen, case cubiche su pilastri, risalenti agli anni Settanta.
Può sembrare una città fredda, quasi in cinica osservazione dell'umanità frenetica che la anima. Eppure racchiude emozioni che vanno scoperte dai particolari. L'Erasmusbrug, il ponte dalla testa di cigno, allungato nella sua curva sospesa sul fiume, le ali, i cavi che vanno a sostenerne la campata, a protezione di automobilisti e pedoni che ne percorrono il corpo. Impavidi ciclisti affrontano a tutta velocità l'iniziale campata in salita, rallentando lungo il percorso per poi ridiscendere sorridenti e schiaffeggiati dal vento sull'altro versante. I sogni viaggiano a Delfshaven, angolo della città nascosto ai grattacieli e proiettato sul Maas: qui la storia mercantile è sopravvissuta alle bombe degli anni Quaranta, l'architettura è tipica olandese, edifici stretti e facciate lavorate in mattoncini, terminanti in sagome a gradini e con grandi vetrate sui canali interni.
Ci si riposa il corpo su una panchina, osservando anatre nello specchio d'acqua dove si riflettono edifici sornioni e un po' austeri. Una pausa, prima dello spettacolo finale che Rotterdam sa offrire. Le luci del tramonto, magari dopo un temporale, con le nuvole tinte di rosa, l'azzurro del cielo che abbraccia le vetrate dei grattacieli, dove il rosso e l'arancio riflettono l'intraprendenza della natura e dell'uomo. E si torna sul Maas, sempre lì, intagliato dalle prue delle chiatte a fior d'acqua, cariche di sabbie o con cisterne colme di petrolio, pronte a scaricare i loro tesori e a ripartire in mare.