Trivellare o non trivellare? Questo il dilemma, ed a portarlo alla nostra attenzione in questi giorni sono tre degli otto quesiti proposti nel referendum da "Possibile", la nuova aggregazione politica creata da Pippo Civati, e per i quali sta per scadere la raccolta delle firme. La questione riguarda lo sfruttamento di un potenziale patrimonio energetico del nostro territorio, sembra infatti che la penisola italiana sia attraversata da due dorsali parallele di petrolio e gas.
Una dorsale di terra che sotto l'appennino andrebbe da Novara sino alla Sicilia, l'altra di mare che interesserebbe invece il tratto di adriatico tra Chioggia e il Gargano.
Per Renzi opportunità allettante
Una ricchezza che il Governo Renzi è determinato a cercare, tanto da avere inserito nello Sblocca Italia delle agevolazioni a quelle trivellazioni che gli oppositori sono invece decisi ad impedire, chiedendo che siano ben altri i sistemi di accumulo dell'energia. Con il decreto queste operazioni di ricerca ed estrazione degli idrocarburi sono state ridefinite come opere strategiche e urgenti per il Paese, e di fatto sottratte al controllo ed alle autorizzazioni preventive delle Regioni.
La cosa ha messo immediatamente in allarme gli ambientalisti e le stesse Regioni interessate, la loro preoccupazione è quella che una ricerca sistematica e capillare di gas e petrolio sia sulla terraferma che in numerosissimi tratti di mare possa danneggiare irrimediabilmente l'Ambiente e il paesaggio, patrimoni e fonte di vera ricchezza, cosa che aggiungono alcuni geologi in Basilicata sarebbe già avvenuta al primo carotaggio.
Una ghiotta occasione
Insomma il gioco non varrebbe la candela e sarebbe bene puntare finalmente su forme di approvvigionamento energetico pulite e sicure, come ad esempio il biometano che è ormai pronto a partire. Di parere contrario neanche a dirlo sono i tecnici del settore che rassicurano i preoccupati spiegando loro che le operazioni verrebbero condotte dalle migliori società del mondo in trivellazioni.
A nutrire le loro ragioni ci sono poi i dati di un investimento da 15 miliardi di euro, con 25 mila nuovi posti di lavoro, con un risparmio sulla fattura energetica nazionale di 5 miliardi di euro l'anno. E allora cosa deve fare il nostro Paese? Autorizzare o no lo sfruttamento del territorio per diventare indipendenti energeticamente?