Lo scorso 5 agosto il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha pubblicato le procedure per la qualifica degli impianti di produzione e per la richiesta degli incentivi per il biometano trasportato extra rete. Media specializzati ed associazioni di categoria come il Consorzio Italiano Biogas hanno comprensibilmente salutato con favore l'uscita di queste regolamentazioni, come la fine del lungo iter (la prima norma ad introdurre il concetto è il d.lgs. 28 del 3 marzo 2011) per introdurre il biometano in Italia. Nella realtà, il quadro normativo è ben lontano dall'essere completato.

Che cos'è il biometano

Il biometano è una miscela di gas, sostanzialmente identica al gas naturale di origine fossile, che si ottiene dalla purificazione del biogas prodotto dalla digestione anaerobica di sostanze organiche, quali colture dedicate, deiezioni animali, scarti dell'agroindustria, frazione organica del rifiuto solido urbano. Il biometano può poi essere immesso nella rete del gas naturale, e utilizzato esattamente come il metano di origine fossile. Si tratta dunque di una fonte di energia rinnovabile e efficiente.

Il citato D.Lgs. 28/2011 aveva introdotto per la prima volta nella normativa italiana il concetto, prevedendo che entro 120 giorni dall'entrata in vigore, fosse emanato il decreto attuativo per rendere possibile anche in Italia la realizzazione e l'esercizio di impianti di questo tipo.

Il termine è stato tuttavia ampiamente superato, e il cosiddetto decreto biometanoè stato emanato soltanto il 5 dicembre 2013. Questo stesso decreto, tuttavia, pur prevedendo il quadro generale per gli aspetti tecnici e l'incentivazione, non era direttamente applicabile, poiché rimandava a tutta una serie di pronunce e determinazioni da parte di Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, Comitato Termotecnico Italiano, Comitato Italiano Gas e GSE, che sarebbero dovute essere emanate entro 120 giorni.

Anche questa volta il limite temporale è stato abbondantemente superato, e solo il 5 agosto scorso, il GSE ha reso pubbliche le procedure di sua competenza, ultime della serie.

Il quadro normativo non è completo

Tutto a posto, quindi? Decisamente no. Alcuni aspetti non direttamente dipendenti dal testo del decreto biometano rendono zoppo il quadro normativo.

In particolare due hanno ripercussioni pesanti sulla reale possibilità di realizzazione di molti impianti. Da una parte, il Comitato Europeo di Normazione ha ricevuto mandato (nel 2010) di emanare specifiche norme di qualità per il biometano da immettere in rete, valide in tutta l'Unione Europea. Non sono ancora uscite, né si sa quando usciranno. Il legislatore non ha potuto fare altro che decidere che, fino al termine del mandato, sarà possibile immettere in rete biometano proveniente soltanto da prodotti e sottoprodotti di origine agricola e dalla frazione organica del rifiuto solido urbano, ma non da syngas, gas da discarica, gas da depurazione e da rifiuti organici diversi da quelli classificati come FORSU, limitando pertanto considerevolmente il campo.

Dall'altra, per poter consentire la connessione fisica alle reti di trasporto e distribuzione del gas, i gestori delle reti dovranno modificare i propri codici di rete, ovvero i regolamenti che disciplinano i rapporti tra il gestore e gli utenti. Fino a che ciò non accadrà (le resistenze dei gestori di rete sono note), non sarà possibile collegare un impianto biometano, tanto che le procedure pubblicate dal GSE rimandano ad un futuro completamento del quadro normativo le specifiche procedure per questi impianti. In buona sostanza, ad oggi possono entrare in funzione solo quegli impianti che prevedano l'utilizzo di sistemi di trasporto del gas alternativi alle reti di trasporto e distribuzione (quali ad esempio reti private o carri bombolai) e che destinino la produzione di biometano all'autotrazione o alla cogenerazione ad alto rendimento. Considerando che il decreto biometano ha una durata di cinque anni, i tempi sono ormai stretti.