Il recente allarme lanciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è stato da molti percepito come il dato generale che mangiare carni rosse e prodotti provenienti dalla lavorazione della carne sia cancerogeno in ogni caso. In realtà, definire una sostanza come ‘cancerogena’ è un’operazione che passa attraverso l’analisi di specifiche statistiche e termina in una classificazione, con tutti i limiti del caso.
Le carni lavorate, ad esempio, come il prosciutto, i wurstel o gli insaccati, sono finite nel cosiddetto gruppo 1, che raccoglie tutti i prodotti che di sicuro sono cancerogeni per l’uomo. Le carni rosse, invece, sono finite nel gruppo 2A, fra i prodotti che è probabile siano cancerogeni per l’uomo. In nessun caso si fa ricorso ad una quantificazione del rischio, rendendo di fatto impossibile, per i consumatori, comprendere se il rischio sia sempre presente o se si verifichi solo oltre una determinata soglia.
Troppa carne fa male
Secondo alcuni dati, mangiare 50 grammi al giorno di carni lavorate aumenta il rischio di tumori al colon retto del 18%.
Il fatto è che questo non significa che mangiandone 25, di grammi, il rischio scenda alla metà. Con 25 grammi di wurstel al giorno, il rischio potrebbe scendere di meno oppure azzerarsi, e per questo motivo la stessa OMS è sempre molto cauta nella diffusione di dati in tal senso. Ancora più difficile è confrontare il livello di rischio delle carni con quello di altri prodotti che fanno parte degli stessi gruppi. Il fumo, ad esempio, rientra nel gruppo 1, come i wurstel, solo che (dati diffusi dall’OMS), l’analisi di un campione statistico ha mostrato che i morti per cancro riconducibile ad una dieta ricca di carni lavorate sarebbero 34 mila, i morti per cancro riconducibile all’esposizione ad un elevato inquinamento dell’aria 200 mila, i morti per cancro riconducibile al fumo 600 mila. I dati dell’OMS, pur con tutte le lacune di incompletezza (o forse proprio per questo) hanno diffuso un allarmismo tale da scatenare la reazione sia della ministra della Salute Lorenzin, sia di vari oncologi italiani, che si sono affrettati a dire che sarebbe sbagliatissimo eliminare la carne rossa dalla nostra dieta.
Come molti altri prodotti, anche questo alimento fa male solo oltre certe quantità. Solo che non sappiamo quali siano.
Mangiare troppa carne fa male soprattutto al pianeta
Ciò che forse manca, nella discussione, è considerare non soltanto gli effetti della carne sul nostro organismo, qualunque essi siano, ma anche e soprattutto quelli sul nostro pianeta e sul clima. Di recente, la consigliera nazionale dell’Enpa Annamaria Procacci ha posto l’accento proprio sul problema dell’alimentazione citando le previsioni Fao, in base alle quali il consumo di carne imposto dagli attuali modelli socio economici sarebbe “destinato a crescere del 73% entro il 2050, raggiungendo 465 milioni di tonnellate l’anno”, necessitando perciò di un “forte incremento dei sistemi di allevamento intensivo su larga scala”, che a loro volta comportano “la deforestazione, lo sterminio della biodiversità, il rilascio in atmosfera di enormi quantità di anidride carbonica, la progressiva desertificazione dei terreni”. Una dieta basata sul consumo di carne, insomma, non sarebbe sostenibile, perché comporterebbe danni irreparabili al nostro pianeta.
Come dice il professor Tim Lang, docente di politiche alimentari alla City University di Londra, “non è possibile nutrire il mondo intero se si mangia come mangiano gli inglesi o come gli americani del nord", “ma consumando molta meno carne, molti meno prodotti caseari, ecco che di colpo le possibilità crescono". Il consumo eccessivo di carne non sarebbe quindi solo cancerogeno, come dice l'OMS, ma rischia di essere devastante in termini di impatto sul pianeta,