Quindici uomini e altrettanti misteri, e il primo è, appunto, di che uomini si possa trattare. Per ora sono millecinquecento le ossa e centoquaranta i denti antichi, ma non si sa ancora quanto e intanto per i paleontologi di tutto il mondo rappresentano una scoperta pronta a riscrivere i libri di testo. Sono i resti trovati nel fondo della grotta di Rising Star, una cinquantina di chilometri a nord ovest di Johannesburg, descritti ieri in un articolo pubblicato dalla rivista F-JGF da scienziati della University of Witwatersrand di Johannesburg, dalla National Geographic Society e dal Dipartimento per la Scienza e la Tecnologia / National Research Foundation del Sudafrica, guidati dal paleontologo sudafricano Lee Berger ed un gruppo di 40 ricercatori, tra cui l’italiano Damiano Marchi dell’università di Pisa.

La scoperta è importante per numerose ragioni. Innanzitutto si tratta di un ritrovamento particolarmente ricco, non la solita mezza mandibola da cui decifrare la struttura di un intero scheletro, ma tante ossa e diverse tra di loro. Praticamente è già il membro fossile della nostra linea evolutiva che conosciamo meglio, secondo Berger.

I tratti dell'Homo Naledi

Questa scoperta ci permette di provare a descrivere come fosse fatto, è possibile dire che era alto circa un metro e mezzo e probabilmente era abbastanza snello. Aveva la parte superiore del corpo simile a quella dell’Australopiteco e la parte inferiore simile alla nostra, molto simile, soprattutto i piedi.

L’Australopiteco, però, è comparso sulla Terra circa quattro milioni di anni fa, mentre noi i nostri piedi abbiamo cominciato a muoverli solo duecentomila anni fa. Inoltre, il cranio dell'Homo Naledi è piccolo e il cervello che conteneva non poteva essere più grande della metà del nostro, simile cioè a quello di specie vissute due milioni di anni fa. Ed ecco il principale dei misteri: Quando è vissuto Homo Naledi? Gli scienziati ancora non lo sanno. Potrebbe essere uno dei primi membri del genere Homo, e risalire a circa due o tre milioni di anni fa. In ogni caso, spiegano gli scienziati, per una datazione precisa dei resti ci sarà da aspettare. Ci sarà anche da capire se i corpi siano stati gettati deliberatamente nella grotta.

Che si tratti di sepolture o di omicidio, sarebbe il primo segno di un comportamento tanto complesso in una specie tanto antica.

Potrebbero esserci migliaia di resti ancora da scoprire nella grotta, ha proseguito Berger, ma non tutti condividono l’idea che i quindici scheletri ritrovati a Rising Star siano testimonianza di un nuovo anello evolutivo. Tra gli scettici c’è Ian Tattersall, paleontologo, che in passato ha già accusato i colleghi di annunciare nuove specie con troppa leggerezza, ammettendo comunque l'importanza di questa scoperta. Siamo sicuri che lo studio e la ricerca di questi fossili terrà impegnati i paleoantropologi per un bel pò di tempo.