Nel giro di pochi giorni il premier Narendra Modi ha ricevuto la delegazione di una prestigiosa scuola sufi e ha partecipato a un evento buddhista nel cuore spirituale dell’India per consolidare una linea moderata condivisa contro l’Islam più intransigente, soprattutto Wahabita e Salafita. Esprime soddisfazione la All Indian Ulema and Mashaikh Board (AIUMB), organizzazione che si propone di diffondere una visione pacifica del Sufismo sunnita.
I Sufi votano “a sinistra”
New Dheli, 2 settembre. La stretta di mano è arrivata dopo la dichiarazione del 27 agosto: «il Sufismo è in linea con l’ethos indiano, l’ideologia dell’estremismo non prevarrà», aveva detto Modi davanti a 40 tra maestri e studenti della scuola Barelvi (famosa accademia di diritto gestita da un movimento che nel sub-continente asiatico conta 200 mln di fedeli ed è stato parte attiva contro la talebanizzazione). Il premier ha parlato di «un’opportunità» e ha dichiarato: «con la loro esperienza e statura morale i Sufi sapranno essere di grande beneficio all’Islam e all’umanità intera». Il partito di governo è il Bharatiya Janata Party (BJP), di ala “destra” che strizza l’occhio ai nazionalisti Hindu; i Sufi non condividono questa posizione e il presidente dell’AIUMB è rimasto evasivo su un eventuale futuro supporto al BJP.
Sublime Sentiero
Il misticismo Sufi prevede una esperienza diretta del divino, il completo annullamento dell’io in Allah; questo stato di totale liberazione (che, pur con delle sostanziali differenze, è stato identificato con il nirvana) si raggiunge attraverso l’estasi prodotta da una liturgia profondamente simbolica.
Esistono diverse scuole (tariqa, lett. “via mistica”), tutte si riconoscono nell’Islam tradizionale sunnita e la più nota è la Naqshbandiyya; fu un maestro di quest’ordine a dettare le linee dottrinarie, i sei princìpi basilari ancora unanimemente condivisi. Le più antiche scuole tutt’ora esistenti sono state fondate nel XII secolo. I princìpi etici Sufi sono la rinuncia (a ciò che allontana da Dio), la sincerità, la pazienza, l’essere soddisfatti di ciò che si ha, la gratitudine e la fiducia in Allah.
Ogni scuola ha un maestro, che per dono divino ha acquisito il massimo grado di purezza spirituale e viene chiamato Santo (wali, “amico” sott. di Dio); esiste una gerarchia al cui vertice ci sono dei Santi che guidano il mondo in maniera misteriosa; le loro tombe sono oggetto di una particolare venerazione che ha provocato la diffidenza degli ambienti ortodossi.
Accordo comune
Bodh Gaya (India nord-orientale), 5 settembre. Prima volta per il premier in una delle capitali spirituali del Paese in occasione della cerimonia conclusiva della Global Hindu-Buddhist Initiative on Conflict Avoidance and Environment Consciousness, insieme a una folta rappresentanza internazionale. Modi ha inoltre incontrato monaci e capi religiosi, ha assistito a una preghiera al Tempio Mahabodhi e ha visitato le sacre reliquie del Gautama.
«Rinsalderemo il legame culturale tra il nostro Paese e il mondo buddhista», ha dichiarato infine il premier.
Nell’India post-coloniale il fondamentalismo non ha risparmiato nessuna delle grandi confessioni – Induismo, Cristianesimo, Giudaismo e Islam. I tratti comuni sono l’anti-intellettualismo, l’avversione verso qualsiasi forma di critica, l’intolleranza nei confronti delle minoranze per motivi di ordine economico e politico e, infine, la pericolosa tendenza a chiamare tutto questo “revival religioso”.