La capitale francese sotto assedio per una notte
Parigi si risveglia ferita e fragile, scoprendosi nuovamente come il simbolo della fragilità europea e occidentale di fronte ad attacchi terroristici di matrice islamica. Ciò che è successo durante la serata del 13 novembre ha trasmesso un senso di ansia, angoscia e incertezza senza precedenti, paragonabile al solo tristemente noto 11 settembre americano.
Il bilancio dei vili atti parla di 127 morti, risultato dell'assalto armato ad un ristorante, all'esecuzione di ostaggi nella celebre sala concerti Le Bataclan e di esplosioni causate da attacchi suicidi allo Stade de France durante l'incontro amichevole di calcio Francia-Germania. Ad essere colpiti non sono simboli istituzionali o storici, ma simboli della cultura e dello svago del mondo occidentale come il cibo, l'arte e lo sport.
Dopo Charlie Hebdo, ancora un "attacco dall'interno"
A mesi di distanza dall'attentato al giornale satirico Charlie Hebdo la storia si è ripetuta. Questa guerra, che in modo tradizionale si combatte su suolo iracheno, siriano o libico e per questo ci sembra così lontana, è in realtà pronta a deflagrare in un modo del tutto nuovo sul suolo occidentale.
È una guerra dove non ci sono invasori pronti a forzare le linee di confine, ma ci sono persone che vivono, da più o meno tempo che sia, la quotidianità nei nostri Paesi, definiti lupi solitari o cellule dormienti. I fatti di Parigi dimostrano la straordinarietà di questo nuovo modo di fare guerra, in cui è difficile identificare un reale nemico e forse impossibile prevedere e prevenire tutto da parte dei servizi di sicurezza nazionali.
L'accordo sulla Siria è urgente e indispensabile
Proprio i servizi segreti hanno il dovere, ora più che mai, di indirizzare l'azione dei principali leader del mondo occidentale verso risposte adeguate alla situazione. Se all'indomani dell'attentato a Charlie Hebdo, l'Occidente si era mostrato compatto ed unito al grido di #jesuischarlie, i fatti dei mesi successivi hanno dimostrato come la compattezza e l'unione siano ancora un'utopia, soprattutto tra Stati Uniti e Russia.
Proprio le due più grandi potenze sono ora chiamate a sedersi ad un tavolo, ad interrompere l'inutile partita sullo scacchiere geopolitico e a trovare un reale accordo sulla situazione siriana. Ciò che sembra più evidente è che la rimozione di Saddam in Iraq e di Gheddafi in Libia abbiano provocato la fine del fragile equilibrio su cui i governi dei dittatori si reggevano per poi alimentare la sete di potere di molte fazioni, Isis su tutte, nonché il dilagare di fondamentalismo islamico e odio nei confronti degli americani e degli occidentali. La storia ci ha insegnato che si ripete, sempre, e la destituzione di Assad in Siria potrebbe addirittura peggiorare la già grave situazione. Americani e russi, ma anche europei, chiamati a mediare tra le parti, dovranno quindi decidere quale sarà il futuro della Siria, dell'Occidente e del mondo intero.