In Italia bisogna stare attenti a diffondere su internet documenti o articoli che mirano a propagandare lo Stato Islamico (sotto forma di apologia). Questo perché la concreta potenzialità diffusiva della pubblicazione può integrare il reato di istigazione a delinquere, sanzionato dal nostro ordinamento. Specialmente quando tale diffusione miri ad esaltare una organizzazione terroristica.
Tale condotta, proprio perché posta in violazione dell’ordine pubblico, è idonea ad offendere il sentimento collettivo di sicurezza creando un pericolo di commissione di reati. La Corte di Cassazione penale, con una recente sentenza, si è trovata ad affrontare proprio un caso simile.
Descrizione della vicenda giudiziaria sottoposta alla Cassazione
La vicenda da cui trae origine la sentenza della Cassazione penale ha come protagonista un uomo che era indagato per avere fatto apologia dello Stato Islamico pubblicamente. Egli aveva diffuso su internet il seguente documento: “Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare”.
L’indagato era anche in contatto sia con cittadini italiani convertitisi all’islam radicale sia con uomini espulsi dal territorio italiano. Nella sua abitazione inoltre, al termine delle indagini disposte a suo carico, erano state trovate delle attrezzature informatiche contenenti materiale propagandistico allo Stato Islamico. L’uomo si è difeso dicendo che, sebbene fosse l’autore del documento, egli non aveva aderito al contenuto finale del testo, che invitava i Musulmani a sostenere l’organizzazione del ‘Califfato Islamico’, aiutando la stessa con qualsiasi mezzo. La Corte di Cassazione non ha però accolto il suo ricorso. La stessa infatti è partita dal presupposto che l’apologia, ovvero il giudizio positivo su un fatto costituente reato, può riguardare un reato di tipo associativo come ad esempio il delitto di associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale.
A nulla sono valsi i tentativi dell'uomo di dire che quel documento mirava solo ad una 'condivisione ideologica' del suo contenuto da parte dei potenziali lettori. (Corte di Cassazione, sentenza n. 47489 del 01.12.2015)
Istigazione a delinquere per mezzo della propaganda dello Stato Islamico
La Corte di Cassazione ha ritenuto, infatti, che il documento diffuso non sollecitava ad una adesione puramente ideologica, proprio perché lo stesso era scritto interamente in italiano ed era rivolto ad un pubblico di persone che vivevano in Italia. Tale documento inoltre era scritto con un linguaggio incisivo, e mirava a sottolineare la natura combattente dell’organizzazione del ‘Califfato Islamico’, posto che conteneva anche link a siti internet facenti capo a questa organizzazione terroristica. A detta dei giudici di legittimità lo stesso, dunque, incoraggiava non solo l’espansione dell’organizzazione (venivano infatti menzionati personaggi ricercati per terrorismo) ma anche l’esecuzione di atti terroristici per mezzo delle armi.
Gli ermellini hanno dunque confermato la condanna dell’uomo per apologia dello Stato Islamico e istigazione a delinquere. La diffusione su siti internet di scritti suadenti, e capaci di suscitare interesse e condivisione e di esaltare la diffusione e l’espansione di associazioni terroristiche, ha fatto sì che la Corte di Cassazione ponesse a suo carico anche l’aggravante speciale della finalità di terrorismo internazionale.
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