In seguito alla richiesta dell'FBI di hackerare il sistema dell'iPhone del killer che ha eseguito la strage a San Bernardino, in California, Apple si è rifiutata per salvaguardare la privacy degli utenti. A meno di 24 ore dalla dichiarazione che ha destato tanto scalpore, anche Google si schiera dalla parte di Cupertino.
Lo scorso dicembre a San Bernardino, in California, un gruppo di terroristi ha preso d'assalto un centro disabili uccidendo 14 persone e ferendone altre 20.
Proseguendo con le indagini, l'FBI ha rinvenuto l'iPhone 5C di uno dei killer, che potrebbe condurre ad una svolta nelle ricerche.
Violare la password? No grazie
In seguito al ritrovamento, l'FBI ha chiesto ad Apple di mettere a punto un sistema per violare la password impostata sullo smartphone, in modo da accedere ai contenuti all'interno. Il colosso di Cupertino ha risposto con una lunga lettera sul proprio sito ufficiale in cui si rifiuta di eseguire un'operazione del genere perché rappresenterebbe un "precedente pericoloso" per la privacy degli utenti.
Creando un sistema per hackerare il dispositivo, infatti, si creerebbe una situazione in cui gli utenti potrebbero vedere la propria privacy messa a rischio, perché uno strumento del genere potrebbe finire nelle mani di chiunque e rappresentare una serie minaccia alla sicurezza di milioni di persone in tutto il mondo.
Inutili le parole dell'FBI, che ha ribadito più volte che tale strumento sarebbe stato utilizzato solo in questa occasione.
L'intervento di Google
In seguito alla dichiarazione di Apple, il CEO di Google Sunder Pichai è intervenuto sulla questione direttamente dal proprio account Twitter, prendendo le parti del colosso di Cupertino. La dichiarazione di Tim Cook, secondo Pichai, gioca un ruolo importantissimo nella discussione tra la sicurezza nazionale e la privacy degli utenti. Google sa benissimo che il governo si trova in una situazione difficile, e più volte ha aiutato le forze dell'ordine fornendo i dati necessari a progredire nelle indagini, restando però sempre nei limiti del legale.
Quello che l'FBI sta chiedendo ad Apple, invece, è illegale.
In questo modo si dimostrerebbe che i dati personali degli utenti potrebbero essere messi sotto gli occhi di chiunque abbia abbastanza potere da richiederlo, rappresentando un serio rischio per la sicurezza. Le parole di Google, tuttavia, appaiono molto più vaghe rispetto a quelle di Apple, pur mostrando l'appoggio nei confronti dell'azienda della mela.
Assieme a Google, tuttavia, anche il fondatore di WhatsApp, insieme a Microsoft, si sono schierati dalla parte della privacy degli utenti, pur utilizzando parole meno incisive e dirette rispetto a quelle espresse da Tim Cook.