Ai primi di febbraio Julian Assange, fondatore di Wikileaks da cui scaturiscono anche le recenti rivelazioni sul presunto spionaggio dell'NSA ai danni di Silvio Berlusconi, ha avuto una piccola, grande soddisfazione personale. Il gruppo di lavoro dell'Onu, incaricato di dare un parere sul suo caso, ha definito "arbitraria" la sua detenzione. Alla luce di questo verdetto, i suoi legali hanno ripresentato la richiesta di revisione del mandato d'arresto che era già stata rigettata sia dalla Corte d'Appello di Stoccolma che dalla Corte Suprema di Svezia.
Assange si è sempre dichiarato estraneo ai fatti contestati ma più di ogni altra cosa teme che, in caso di un procedimento penale in Svezia, venga invece estradato negli Stati Uniti dove è accusato di spionaggio e rischia addirittura la pena di morte.
I dossier sulle campagne militari americane
Dal 2012 il giornalista australiano è rifugiato politico all'interno dell'ambasciata dell'Ecuador in quel di Londra. Non può varcare il confine diplomatico, sarebbe subito arrestato dalla polizia britannica. A far tremare più di una poltrona in merito allo scottante dossier di Wikileaks furono oltre 90 mila documenti segreti pubblicati sulla campagna militare degli Stati Uniti in Afghanistan ed addirittura 400 mila rapporti sul successivo intervento in Iraq in cui venivano messi in luce abusi, torture e violenze commesse dai militari americani.
In realtà in pochi ne hanno messo in dubbio la fondatezza, al contrario Assange è stato accusato di "intelligence con il nemico" ed il suo è stato definito negli Stati Uniti "un attentato alla sicurezza dello Stato". Secondo i suoi sostenitori, le accuse di violenza sessuale da parte di due donne svedesi sarebbero state messe in piedi nell'ambito di una maxi campagna di delegittimazione nel suoi confronti. Quattro i capi d'accusa: coercizione, molestie sessuali (in due occasioni) e stupro. Tre sono caduti in prescrizione, resta quello più grave.