"Un'ottima notizia per la ricerca italiana", esordisce così Stefania Giannini in un post pubblicato sulla pagina Facebook del MIUR, commentando l'informazione che riferisce un risultato davvero eccellente per i ricercatori italiani: di 302 totali, trenta sono le borse, fino a due milioni di euro ciascuna, assegnate ad Italiani dall'European Research Council. L'Italia s'aggiudica il terzo posto nella classifica delle nazionalità interessate, dopo paesi ben più virtuosi e prodighi nell'assegnare risorse alla ricerca come Germania e Regno Unito, e a pari merito con la Francia.

Particolarmente significativo appare il fatto che, delle 30 borse vinte, la maggior parte sono state conseguite da donne, un fatto che consente all'Italia di configurarsi come il primo paese per numero di ricercatrici. 

La ricercatrice insorge: "i soldi finanzieranno progetti non italiani"

Grande entusiasmo, dunque, quello mostrato dal Ministro, eppure la sua soddisfazione non sembra così giustificata. Roberta D'Alessandro, vincitrice di una delle borse ERC, non ci sta e usa il suo account Facebook per denunciare la condizione, tristemente nota e tacitamente accettata, in cui versano le università italiane, schiacciate da nepotismo, localismo e assenza di meritocrazia.

Le parole dirette alla Giannini sono puntuali e difficilmente confutabili: "Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati", tuona la ricercatrice, in forza all'Università di Leida, in Olanda, dove si occupa di Linguistica, "la mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L'Italia non ci ha voluto, preferendoci nei vari concorsi persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai".

Delle trenta borse assegnate ad Italiani, solo tredici verranno utilizzate per progetti italiani. "Prima del colloquio per le selezioni finali dellERC, ero in sala d'aspetto con altri 3 italiani. Nessuno di noi lavorava in Italia", continua la ricercatrice nel suo messaggio, "immagino che qualcuno di loro ce l'abbia fatta, e sia compreso nella sua "lettura personale" della statistica". E ancora, in un richiamo alla decenza: "abbia almeno il garbo di non unire, al danno, la beffa, e di non appropriarsi di risultati che italiani non sono".