La stipula di un contratto di locazione di un immobile adibito ad uso abitativo deve indicare sempre la data di scadenza. Può accadere tuttavia, nella vita di tutti i giorni, che sia locatore che il conduttore hanno necessità di sciogliersi o recedere dal contratto prima di tale naturale scadenza. Se il locatore o l’inquilino intendono evitare infatti il rinnovo automatico devono dare disdetta almeno 6 mesi prima della scadenza.

In tali ipotesi mentre il recesso per il proprietario è possibile solo in casi espressamente previsti dalla legge (vendita di immobile a terzi, o quando si vuole destinare l’immobile ad uso abitativo o commerciale proprio), per l’inquilino le regole della risoluzione anticipata del contratto di locazione sono molto più agevoli. Premesso che in entrambi i casi deve esser inoltrata una comunicazione almeno 6 mesi prima, tramite raccomandata a/r dove si manifesta l’intento rescissorio, l’inquilino ha infatti la possibilità di recedere dal contratto qualora ricorrano in qualsiasi momento dei gravi motivi.

La giurisprudenza ha sempre dibattuto intorno a quali siano i presupposti del giusto motivo o della una giusta causa tali da poter dichiarate legittimo il recesso. A tal proposito, la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la n.6553/2016 ha reputato illegittimo il recesso di un inquilino proprio perché non aveva dato la prova dell’imprevedibilità dell’evento sopravvenuto integrante grave motivo. 

Recesso legittimo: trasferimento per sopravvenute esigenze lavorative?

Il caso da cui trae origine tale sentenza ha riguardato infatti un conduttore che dopo essersi trasferito in un’altra città da quella in cui abitava, ha chiesto il recesso dal contratto di locazione appunto per gravi motivi.

Il proprietario dell’immobile decide così di proporre ricorso per decreto ingiuntivo (D.I.)  contro il conduttore chiedendogli il pagamento di alcuni canoni di locazione. L’inquilino decide quindi di fare opposizione al D.I. sostenendo l’avvenuta cessazione del contratto perché aveva dovuto cambiare città per irrinunciabili ed imprevedibili motivi di lavoro. Sia il tribunale che la Corte d’appello hanno respinto però il suo ritenendo innanzitutto che egli non aveva dimostrato che il trasferimento in altra sede di lavoro non fosse dipeso dalla sua volontà. Secondo i giudici di merito inoltre doveva ritenersi priva di giustificazione la sua scelta ( non necessitata) di non mantenere la casa in locazione nonostante la relativa distanza tra le due città.

Questo verdetto è stato confermato anche dalla Corte di cassazione che ha ritenuto innanzitutto che le ragioni che permettono all’inquilino di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto di locazione, imprevedibili ed estranei alla sua volontà tali da compromettere in modo negativo la sua continuazione. 

Connotazione oggettiva nella non prosecuzione della locazione

Secondo gli Ermellini infatti i gravi motivi addotti ai fini della recesso unilaterale dal contratto devono avere una connotazione oggettiva, non rilevando in questo senso la valutazione del conduttore sulla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo.

Ne consegue che la gravosità della prosecuzione va valutata certamente sotto il profilo economico, ad esempio sotto il profilo della possibilità di trovare altri immobili a prezzi migliore, ma anche tenendo conto delle sue esigenze di vita. I giudici hanno quindi deciso di respingere il ricorso, ritenendo non giustificato il recesso dal contratto di locazione per gravi motivi. Nel caso di specie infatti era stato proprio il conduttore a chiedere di essere trasferito e inoltre la città dove svolgeva l’attività professionale non era molto distante da quella in cui era ubicato l’immobile locato sicchè non era possibile parlare di una prosecuzione del contratto di locazione molto gravosa. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al mio nome.